MILANO - L'Inter è l'Inter. Per Stefano Vecchi: i colori nerazzurri sono i colori di casa. Nelle giovanili della Beneamata è cresciuto; quando ha ricevuto la chiamata da Roberto Samaden, che gli ha proposto la panchina della nostra Primavera, ha detto subito sì, nonostante nel frattempo si fosse distinto nelle serie minori come uno dei tecnici più preparati e interessanti. Le giovanili nerazzurre non rappresentavano un passo indietro, per un ragazzo che mai aveva allenato ragazzi: era l'Inter che chiamava.
Bergamasco classe '71, Vecchi con la sacra maglia addosso debutta a 15 anni, arriva poi in Primavera dove vincerà un campionato, agli ordini di Giampiero Marini, nel 1988/89: in mezzo, Stefano a lottare, al fianco di Scapolo, Gallo, Morello, ragazzi che poi avrebbero anche visto la Serie A. La carriera da calciatore di Vecchi, invece, si ferma in C, per più di dieci anni recupera palloni e li smista a chi finalizza il gioco, come dice l'aedo, ma non manca mai una sola volta di portare al campo la sua solidità mentale. Non ha le qualità di un Oriali, ma in mezzo si fa sentire: il calcio lo capisce, gli piace e possiede doti di leadership. Tutte cose buone e giuste per passare dal campo alla panchina: passaggio che compie immediatamente l'anno dopo il suo ritiro, e porta subito il Mapello in Eccellenza.
Stefano ha stoffa per allenare: è partito dal basso ma merita orizzonti differenti. E se li conquista, uno dopo l'altro. Porta la Tritium di Trezzo d'Adda in Lega Pro, è frenato solo dai punti di penalizzazione nel suo passaggio alla SPAL, sfiora la Serie B con il Südtirol, nel 2012/13: ma la cadetteria si accorge di lui e il Carpi gli propone la panchina per la stagione successiva. Piuttosto inspiegabilmente viene sollevato dall'incarico durante la stagione nonostante il club, neopromosso, sia dodicesimo in classifica e relativamente tranquillo rispetto al condiviso obiettivo della salvezza.
Una delusione che sopravvive ancora da qualche parte del cuore di Stefano. Ma poi arriva l'Inter. E l'aria di casa fa sempre bene. L'obiettivo dei dirigenti nerazzurri è quello di trovare un tecnico che possa allenare la Primavera con gli stessi crismi e le stesse modalità della prima squadra. Se il movimento italico non si smuove, favorendo uno scivolo differente per i giovani che si approcciano a diventare professionisti, è necessario fare da soli, e costruire una squadra Primavera che sia davvero un primo passo verso il mondo dei grandi. E in quel mondo, Stefano ci sa fare.
L'approccio è quello duro, di uno che le conquiste se le è sudate, una dopo l'altra, in ogni campo di provincia. Il suo calcio preferito è fatto di aggressività e dinamismo, e la sua prima Inter è splendida, guidata dal tridente Camara-Bonazzoli-Puscas. Inizia alla grande la stagione rifilando sei gol al Milan nel trofeo 'Mamma Cairo', conquista il Viareggio vincendo tutte le partite, domina la regular season e si deve arrendere solo agli infortuni e alle indisponibilità nella Final Eight Primavera. L'anno successivo, nella stagione 2015/16, vince la Coppa Italia di categoria battendo, in un 'San Siro' colmo di tifosi nerazzurri, la Juventus. In questa stagione ha già conquistato la qualificazione alle prossime Final Eight Primavera che si disputeranno a giugno.
Vecchi è stato chiamato in prima squadra e ha gestito bene il delicato periodo dell'interregno tra Frank de Boer e Stefano Pioli. Poi è tornato, come da programmi, alla guida in Primavera.
Perché l'Inter non vive solo a San Siro ma in ogni campo dell'Italia e del Mondo, in cui risplende la maglia nerazzurra. E Stefano, che l'ha indossata proprio da ragazzo, lo sa. Una volta interista, per sempre interista.
Carlo Pizzigoni
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