MILANO - "Essere nerazzurri è un traguardo, un segno d'eccellenza. Vi chiedo di urlare Forza Inter con passione, ma senza rabbia".
Le parole di una leggenda come Giacinto Facchetti si sposano alla perfezione con il ritratto di Javier Zanetti. "E il 4 vien da sé", avrà pensato il più grande "3" nerazzurro ai primi, inequivocabili, segnali di un'eredità che si stava materializzando: senza saperlo, il trevigliese aveva già descritto un uomo che avrebbe percorso per anni il prato di San Siro. Prima di ogni partita, l'argentino avrebbe stretto la mano al capitano della squadra avversaria. Come faceva lui: con passione, ma senza rabbia.
Come agli inizi, quando il ragazzo di Buenos Aires già calcava i campi dell'Argentina con il piglio di chi sarebbe diventato grande. Uno come Javier Zanetti viene da lontano, da un distretto in cui non vestiva nerazzurro ma biancoverde. I colori del Club Atlético Banfield decorano i sobborghi a sud della capitale dal 1896: è lì, in uno dei club più antichi al mondo, che il futuro capitano dell'Inter muove i primi passi da calciatore professionista prima di volare verso l'Italia.
La sua caratteristica più evidente, fin dagli inizi, è la passione. Mai accompagnata dalla rabbia, quella garra che spesso occupa l'immaginario del fútbol argentino e delle sue infinite storie, dai club alla Nazionale. Albiceleste, una maglia a cui il "4" interista è particolarmente legato: Zanetti è infatti il giocatore con più presenze in assoluto, 145, un record destinato a durare. È proprio nell'ambiente della Selección che, invece, un eccesso di tensione ha recentemente travolto un ragazzo di Laguna Larga, Paulo Dybala, durante le qualificazioni mondiali: cartellino rosso, e un'eredità che si fa ingombrante, quasi insostenibile, rappresentata proprio dal peso che si porta sulle spalle alla Juventus. Il 10. Quel numero nella Torino bianconera significa Alessandro Del Piero, l'uomo che per lunghi anni ha stretto la mano proprio a Javier Zanetti prima del fischio d'inizio, sotto le luci di San Siro, ad ogni derby d'Italia. È sempre stato così, la musica si ripeteva come un ritornello di una melodia: "Zanetti contro Del Piero, nerazzurri contro bianconeri".
E se da un lato l'eterno ragazzo passato da Banfield ha rappresentato per anni l'eleganza nerazzurra, si può forse dire lo stesso, a parti invertite, del celebre "10" bianconero. Alessandro Del Piero ha vestito soltanto un'altra maglia in Italia, quella del Padova. Il club fondato in piazzetta della Garzeria ha lanciato nel calcio che conta diversi giocatori, tra cui Angelo Di Livio e Demetrio Albertini. La scuola veneta ha sempre mostrato un'immensa passione nei confronti del pallone, unita ad un innato senso di dedizione e rispetto verso i propri colori. Un sentimento che, con il passare degli anni, ha legato Del Piero ai bianconeri di Torino. E sebbene si tratti di un'icona calcistica lontana dal mondo nerazzurro, si può affermare che il numero 10 nato a Conegliano Veneto abbia sempre giocato secondo le parole del "3" che ha fatto innamorare San Siro. Con passione, senza rabbia. È pur sempre un segno d'eccellenza, quella stretta di mano ormai diventata di altri tempi, quel gesto semplice ma grandioso tra Alessandro Del Piero e Javier Zanetti.
Bruno Bottaro