STRAMACCIONI: "PRANDELLI MI HA DETTO CHE... "

"Le sue parole d'incitamento. Il 3^ posto? Noi ci proveremo fino a quando l'aritmetica consentirà"

APPIANO GENTILE - L'Inter di Andrea Stramaccioni ieri ha ricevuto la visita di Cesare Prandelli e proprio di questo incontro ha raccontato oggi il tecnico nerazzurro. Un incontro piacevole, che ha portato il ct ad ammettere di aver trovato entusiasmo tra i nerazzurri anche grazie a Stramaccioni e quest'ultimo a ringraziare per le parole di condivisione e incitamento: "Mi ha detto di rimanere me stesso e di mettere in campo le mie idee, mi ha fatto piacere, detto da lui che è l'allenatore dell'Italia e non mi conosce, è stato un bel consiglio e un incitamento. Mi ha dato stimolo".

Uno stimolo che a Stramaccioni di certo non mancava ma che, se possibile, è stato ancor più intensificato. Uno stimolo che porta l'allenatore dell'Inter ad avere la grinta, insieme alla sua squadra, per non darsi per vinto, come ha spiegato a precisa domanda, in merito alla volontà di raggiungere il terzo posto: "Lavoriamo per cercare di arrivare terzi e per arrivarci devi vincere. Noi vogliamo arrivarci, ci proviamo, fino alla fine, ma proprio per questo parliamo partita dopo partita. Poi, se e quando l'aritmetica sarà impietosa, ne parleremo".

Tra le cose da evitare in un complessivo percorso di miglioramento ovviamente anche i troppi gol subiti: "A partire da me che sono l'allenatore fino all'ultimo dei giocatori, è ovvio che tutti si debba fare meglio: sappiamo che dobbiamo fare meglio, anche quanto a gol subiti. Abbiamo preso 6 gol in due partite, 5 da palle inattive, dobbiamo fare meglio, non ci nascondiamo dietro alcun alibi".

Non cerca alibi Stramaccioni, né per la sua squadra né per se stesso, e non sembra neanche più di tanto impensierirlo il fatto di aver attirato non poca attenzione su di sé: "Io sono e resto un ragazzo semplice, che vuole dare il suo contributo sul rettangolo di gioco. Quello che so e che mi importa è solo il segnale che mi dà la squadra, la forza che sta dimostrando nel reagire. Dal resto prendo le distanze, sono l'allenatore dell'Inter, mi ci sento, è normale che io attiri le attenzioni della squadra. Quanto al giudizio su di me e sul mio operato, quello che penso è che non sarei stato da considerare un fenomeno se avessimo vinto nel finale contro il Cagliari ma neanche scarso per il pari. La verità sta nel mezzo. E rimango me stesso: ogni allenatore deve seguire il suo filo logico, se io mi snaturassi perderei la mia qualità, io devo seguire le mie idee, che mi hanno portato qui. Io ho il mio filo logico e metto in campo quello".


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