MILANO - Nel 1994, a Caivano, centro dell'area metropolitana di Napoli a metà strada tra la città e Caserta, viene aperta una nuova scuola calcio. Si chiama Sporting Caivano ed è una creazione di Giuseppe Annibale, che ne è presidente e allenatore. Pochi mesi più tardi, al campo d'allenamento, arrivano due piccoli gemelli di 5 anni. La madre, ex calciatrice, li affida ad Annibale perché insegni loro cosa fare del pallone con cui giocano in casa: sono Danilo e Dario D'Ambrosio e, nel giro di pochi anni, riescono a scrivere la storia della piccola scuola calcio.
"Nella mia squadra Danilo era un numero 10, centrocampista avanzato, poi quasi per caso ha fatto una partita da laterale destro e non ha più smesso di giocare lì", ha raccontato in un'intervista Annibale, il primo allenatore decisivo nella vita del terzino nerazzurro. Inizia così, in maniera ordinaria, la carriera di D'Ambrosio. Comincia con un pallone e dei sorrisi sul campo di una piccola società di periferia. Impegno e ambizione gli permettono di fare il primo salto della sua traiettoria calcistica: da Caivano a Salerno, insieme al fratello Dario. Nella Salernitana, Danilo cresce costantemente, brucia le tappe e nel 2005, quando gioca negli "Allievi", viene convocato per il Torneo di Viareggio, aggregato alla squadra "Primavera". Ma nello stesso anno, in estate, la società granata viene radiata dal professionismo per inadempienze finanziarie e Danilo è così libero di trasferirsi in una nuova squadra. Ci sarebbe il Chelsea, ma papà Vincenzo sa che non è ancora il momento per un salto così impegnativo. Meglio la Fiorentina, meglio procedere per gradi, insieme al gemello Dario.
Praticamente in ogni dichiarazione rilasciata nel corso degli anni, D'Ambrosio ripete un ritornello che recita più o meno così: "Devo migliorare e lavorare duro ogni giorno". È questa la sua dote di principale: la caparbietà, la voglia di crescere. Ed è una virtù che non lo abbandona nemmeno negli anni della gavetta, quando approda prima al Potenza e poi alla Juve Stabia, in Lega Pro. Nel gennaio 2010, a 21 anni, arriva per lui la chiamata a cui non si può dire di no: Gianluca Petrachi lo vuole in granata. E al "Toro" è solo questione di tempo, prima dell'incontro col secondo allenatore che cambia la vita di D'Ambrosio: Giampiero Ventura. Con l'attuale CT della Nazionale italiana in panchina, il Torino torna in Serie A e Danilo, al netto di qualche acciacco fisico, è titolare sulla fascia destra, nel ruolo in cui l'aveva inventato per caso Mister Annibale.
D'Ambrosio diventa un leader del Torino che nella stagione 2012-13 chiude al 16.mo posto in Serie A. Ma l'annata successiva è quella della decisiva svolta: è lui il primo acquisto dell'era Thohir all'Inter. Sono passati più di tre anni dal 30 gennaio 2014, giorno in cui è arrivata l'ufficialità del suo tesseramento, e Danilo ha saputo ritagliarsi uno spazio sempre più importante in nerazzurro. E questo anche grazie all'incontro col terzo allenatore decisivo nella sua carriera: Stefano Pioli. Il tecnico nato a Parma lo ha trasformato in una pedina fondamentale nel suo scacchiere impiegandolo come centrale nella difesa a tre, terzino nella difesa a quattro o esterno di centrocampo, anche a sinistra. Oltre ad essere stato il primo difensore dell'Inter ad andare in rete nel campionato 2016-17, segnando l'1-0 il 28 gennaio 2017 contro il Pescara, in questa stagione è il quinto giocatore finora più impiegato dell'intera rosa nerazzurra.
Ospite a Inter Channel, a meno di due mesi dal suo arrivo a Milano, aveva detto di dover lavorare sulla fase offensiva. Una perfetta fotografia del suo miglioramento potrebbe essere l'assist millimetrico disegnato per la testa di Icardi, in occasione del gol del 2-0 contro la Lazio nell'ultimo impegno di campionato contro i biancocelesti. Ma Danilo non si accontenterebbe, perché la sua è una carriera fatta di sacrificio e tenacia. E quel bambino che aveva iniziato allo Sporting Caivano sente di avere ancora tanto da dimostrare.
Davide Zanelli