MILANO - Il capitano dell'Inter Javier Zanetti ha presentato la sua autobiografia, "Giocare da uomo", in un'intervista rilasciata questa sera a Marco Franzelli nel corso del TG1.
Inter.it vi offre la versione integrale di quanto dichiarato dall'argentino:
Zanetti: che significa 'giocare da uomo'?
"Significa soprattutto giocare con tanti valori, con la correttezza e la
voglia di lasciare qualcosa di importante a chi ci guarda".
Andrè Agassi nella sua autobiografia finisce per odiare lo sport
del tennis, tu invece racconti il tuo amore per il calcio. Cosa fa la
differenza?
"Io amo il calcio, è sempre stata la mia passione. In questo libro
racconto tutto il mio percorso, che cosa provavo quando correvo dietro ad un
pallone, e tutti i sacrifici che ho fatto per arrivare a qualcosa di
importante".
Qual è stato il sacrificio più utile?
"Seguire i consigli dei miei genitori quando ero bambino:
studiare e poi fare quello che mi piaceva e inseguire il sogno che mi ha
portato a essere quello che sono. Ma non lo chiamerei sacrificio,
piuttosto la voglia di fare qualcosa che mi facesse stare bene".
Tu hai lavorato come muratore insieme a tuo padre. E' stato un buon allenamento?
"Soprattutto una lezione di vita. Lavorare con mio padre e vedere i
suoi sacrifici ha fatto sì che io accogliessi in maniera importante ogni
cosa che veniva dopo nella mia vita".
Nel 1995 è arrivata l'Inter...
"All'inizio non ci credevo, stavo facendo i miei primi passi in Argentina e
vedevo il calcio italiano lontanissimo. Per me confrontarmi con un
calcio così importante era un banco di prova, un'opportunità che ho
colto subito perché sapevo di iniziare a scrivere il mio futuro
arrivando in una società importante come l'Inter. Me ne sono accorto da
quando sono arrivato a Milano con i tifosi, quando Massimo Moratti mi ha
accolto nel suo ufficio o alla Terrazza Martini in un giorno di
temporale; lì mi aspettavano Bergomi e Facchetti. Ho capito che
iniziava una nuova vita".
Vent'anni all'Inter, un matrimonio senza crisi. Come si fa?
"E' un amore infinito, che penso rimarrà tale. Non smetterò mai di
ringraziare la famiglia Moratti e i tifosi per tutto l'amore che
mi hanno dato dal primo giorno. L'Inter è un'altra famiglia che
amo davvero".
Che cosa ha fatto scattare l'amore per l'Inter?
"Siamo una grande famiglia, nel bene e nel male. Quando non
arrivavano i trofei che tutti aspettavano siamo rimasti comunque fieri
della nostra dignità, siamo andati avanti così e alla fine i successi
sono arrivati".
Nel tuo libro dici che la cosa migliore del calcio sono i giocatori. E' davvero così?
"E' così, noi possiamo sbagliare tante volte ma rimane
l'onestà e la dignità che ci porta a fare bene in campo".
Troviano una definizione per i vari allenatori: partiamo da Roberto Mancini...
"E' stato l'allenatore con il quale abbiamo iniziato il nostro ciclo, ha fatto un grandissimo lavoro".
Marco Tardelli...
"Con lui è stata un'annata difficile, perdemmo il derby 6-0 e si ruppe qualcosa...".
Nel libro dici però che Tardelli è stato il peggiore...
"Non so se è stato davvero il peggiore, è quello con il quale ho legato di meno".
Marcello Lippi...
"La società gli ha dato tutto per fare una grande squadra, ma purtroppo
non è stato così. Non è stata solo colpa sua, ma è stata un'annata molto
complicata".
Quando hai sentito quella sua frase di Reggio Calabria sui calci come hai reagito?
"Mi ha dato fastidio. Credo che non sia stato un comportamento giusto nei
confronti di un gruppo. Si possono fare tutti gli errori, ma ci sono
altri modi per far capire che non era la strada giusta".
Hector Cuper...
"Mi è dispiaciuto tantissimo come è finito il suo legame con l'Inter.
Era una persona molto seria e capace nel suo lavoro, ha pagato il 5
maggio".
Andrea Agnelli ha detto che il campionato italiano è diventato di passaggio e che i campioni vanno altrove. Sei d'accordo?
"I tempi sono cambiati. Una volta i campioni volevano venire in
Italia, adesso la realtà è un'altra. Però sono del parere che non sia
proprio così, perché il campionato italiano resta il più difficile e
mantiene il suo fascino. Dobbiamo far sì che rimanga in alto".
Dai un voto alla tua carriera: confermi il 7,5 che ti dai nel libro?
"Sì, credo che sia stata una carriera importante difendendo i colori
della maglia con tante storie dietro. Ho avuto il privilegio di
indossare la fascia di capitano e di realizzare tanti sogni. Devo
ringraziare tutti quelli che mi sono stati accanto".
Che voto dai all'Inter di Walter Mazzarri dopo queste prime partite?
"Sette e mezzo-otto. E' iniziato un percorso nuovo con un allenatore
molto capace e con le idee chiare. Credo che se continuiamo così,
l'Inter può tornare ad essere protagonista".
E' un'Inter da scudetto?
"E' presto per dirlo, ma dobbiamo essere capaci di mantenere una certa
continuità fino alla fine. Ci sono i presupposti per lottare
per questo traguardo".
A chi assomiglia Walter Mazzarri?
"Un po' a Cuper per la dedizione al lavoro e per come
vive le partite. Cura molto i particolari, credo che sia un allenatore
che ti fa lavorare tanto ma poi alla domenica si vedono i risultati".
Cesare Prandelli ha dichiarato che i giovani in Italia faticano perché mancano di personalità. Sei d'accordo?
"In qualche caso sì, in questo settore qui si deve lavorare tanto. Un
giovane per me deve essere preparato e deve venire con la forza e la
consapevolezza di arrivare in una grande squadra. Può commettere degli
errori che lo aiuteranno a crescere".
Massimiliano Allegri ha detto che i calciatori sono un esempio e che creste e orecchini non servono...
"Sono d'accordo; ci dobbiamo rendere conto che siamo di esempio per
tanti bambini che ci guardano da idoli, e noi dobbiamo avere sempre
un'immagine che permetta loro di aspirare a qualcosa di importante".
Nel libro dici che Mario Balotelli oscilla da grande giocatore a vero campione. Quando si fermerà?
"Io credo che debba trovare l'equilibrio e io spero che lo trovi. Mario
ha un grandissimo talento, ma deve stare più tranquillo e fare quello
che sa fare. Abbiamo parlato tante volte, lui mi ha ascoltato però fa
parte di quei giovani che per la sua età continua a sbagliare. Quando ti rendi conto degli errori poi arrivi a crescere".
Definisci Mario Balotelli un 'jazzista' del calcio, perché improvvisa. E' una qualità o un difetto?
"Sicuramente una qualità, è uno di quei giocatori che in ogni
momento può inventare la giocata vincente. Serve al Milan e soprattutto
alla Nazionale, visto che siamo vicini al Mondiale".
Quando ha gettato a terra la maglia dell'Inter ci sei rimasto male?
"Sì, perché è un gesto che non si fa. Ma dopo quel gesto
si era accorto di avere sbagliato. In quel momento non gli dissi nulla
perché non c'era tempo di spiegargli certe cose. Nello spogliatoio ha
chiesto scusa e finì lì".
José Mourinho che cosa ha di diverso dagli altri?
"Mourinho è un allenatore e un uomo di grande personalità, Un vincente che
cura tutti i dettagli. Con noi ha fatto due anni che rimarranno nel
cuore di tutti gli interisti".
Ci racconti un aneddoto?
"Quando a Kiev perdevamo 1-0 all'intervallo ed eravamo
praticamente fuori dalla Champions che poi abbiamo vinto, ci disse nello spogliatoio che avremmo dovuto rischiare il tutto per tutto. Tolse due difensori
per due attaccanti e vincemmo. Ma lo disse con una convinzione che
quando entrammo in campo sapevamo già che poteva accadere".
Rudi Garcia assomiglia a Josè Mourinho?
"Non lo conosco e non posso giudicare, è un allenatore molto preparato".
La Roma prima in classifica è una sorpresa?
"No, ha ottimi giocatori e una quadratura e un'organizzazione che le ha permesso questa continuità. Meritano il primo posto".
Antonio Conte ha evocato il 'rumore dei nemici'. Ma la Juve ha tanti nemici?
"Ci sono nemici per tutte le squadre vincenti, credo sia normale che tutti vogliano vincere con chi vince da tanti anni".
Francesco Totti, quando ti sei fatto male, ha fatto un tweet dandoti appuntamento a Roma-Inter.
"Spero sia così. Francesco è un grande, sono contento del suo momento.
Ci siamo abbracciati prima di Inter-Roma e mi ha chiesto come stavo. E'
stato uno dei primi a chiamarmi dopo l'infortunio, mi fece piacere
vedere che lui fosse uno dei primi al mio fianco".
Qual è il segreto di quelli come voi che stanno avendo una così lunga carriera?
"L'amore per questo sport e la voglia di renderci utili per la società e i nostri compagni".
Quanto ti manca il Mondiale 2010 che l'allora ct Diego Maradona ti ha negato?
"E' stato un momento difficile per come è stato vissuto. Penso l'avrei meritato perché ho fatto tutto il percorso fino alle ultime due
amichevoli. Ma non porto rancore, questo è il calcio; sono tranquillo
perché ho fatto tutto quello che serviva per esserci, poi non dipendeva
da me. Ma l'Argentina sarà sempre parte di me, ho difeso ovunque questa
maglia con tanto orgoglio. Sarà sempre una grande felicità, anche da
bambino sognavo una partita con la Nazionale e ne ho fatte più di 140".
Massimo Moratti potrebbe non essere più presidente dell'Inter, sarebbe triste per te?
"Io credo che anche se non fosse più presidente sarà sempre l'Inter.
Perché la sua famiglia ha dedicato tanto amore a questa squadra, lui ha
dato tantissimo a questa società come ha fatto suo padre. Il presidente
ha dei sentimenti per questa maglia incredibili, io sono molto legato
soprattutto alla persona".
Il calcio però cambia: Massimo Moratti è la passione, mentre ora si parla più del business. E' un cambiamento forte.
"Viviamo un'altra realtà, per sopravvivere si devono fare queste scelte dolorose ma che aiutano i club a sopravvivere".
E questo riguarda anche l'Inter.
"Sì, ma l'Inter è una grande famiglia. Grazie ai Moratti".
Racconti di aver parlato alla Coppa dei Campioni. Come è andata?
"E' andata benissimo. Quando finì la partita e dopo i festeggiamenti,
quando ho portato la Coppa nello spogliatoio l'ho appoggiata a terra e
le dissi: 'Ti inseguivo da tanto tempo e ora sei fra le mie braccia'. E'
stato uno dei momenti più emozionanti, capivo l'importanza di questo
traguardo. Già mi emozionai quando uscii coi compagni per il
riscaldamento e vidi la curva piena, e quando l'arbitro diede il
recupero guardai Samuel e iniziammo a piangere, vincevamo 2-0 e al
massimo avremmo perso 2-1. Samuel però mi disse di aspettare che
mancavano tre minuti. Fu emozionante anche arrivare a San Siro alle sei
del mattino con lo stadio pieno che ci aspettava. Avere il privilegio di
indossare la fascia da capitano e dare ai tifosi questa allegria è
stata una cosa indimenticabile".
Al Mondiale per club hai messo il trofeo in un angolo e tutti gli siete andati incontro...
"Lo facciamo sempre. Anche quello fu un momento importante,
c'erano tanti tifosi e la mia famiglia. Quella sera indossai alla
premiazione la maglietta di Samuel che si era fatto male qualche
giorno prima. Ma era giusto che fosse con noi almeno in quella maniera
lì".
Tu hai un rapporto molto profondo con la fede?
"Sì, anche la mia famiglia è molto cattolica. E' una lezione di vita".
Un pensiero sull'incontro con Papa Francesco...
"La prima emozione è stata vedere un mio connazionale Papa. Una delle
prime chiamate fu proprio di Moratti, c'era grande felicità. Bergoglio è
uomo dalla semplicità unica, parlare con lui di tanti argomenti e dei
problemi che ci sono nel mondo è stata un'emozione unica. Poi lui è
tifoso del San Lorenzo e avrà un museo con tutti i cimeli sportivi
regalatigli, tra i quali anche la mia maglia. Se gli ho detto qualcosa? No,
mi ha chiesto come stavo e la storia con l'Inter".
Anche lui ti ha ricordato che voi giocatori siete un esempio?
"Sì, soprattutto lui è una persona che quando parla si vede che è umile e
che riesce a trasmettere emozioni con semplicità. E' questo che piace
di lui".
Tanti soprannomi, quale preferisci?
"Soprattutto Pupi perché è il nome della mia Fondazione. Tutti mi conoscono così".
La tua fondazione è un impegno che ti fa bene?
"Sì. Questi bambini ogni volta che torniamo in Argentina fanno vedere
sempre progressi. Abbiamo questa responsabilità bellissima, ringrazio
anche gli italiani per starmi accanto ad ogni iniziativa, perché si
rendono conto che in tante parti del mondo ci sono problemi e bambini
che hanno bisogno di aiuto. Chi ha l'opportunità di poter aiutare
davvero sente di farlo".
La scelta che ti ha cambiato la vita?
"In ogni momento della vita vanno fatte scelte, venire in Italia mi ha cambiato la vita".
Si dice che dietro un uomo di successo c'è sempre una grande donna. Vale anche per te?
"Vale anche per me. Credo che tutte le cose che ho fatto senza Paula non so se sarei riuscito a farle".
L'errore più grande?
"Ne ho fatti tanti, ma quando te ne accorgi serve per crescere".
A cena con un nemico per far pace: chi sceglieresti?
"Non so se ho nemici, è una brutta cosa individuare un nemico. Potrei
andare a cena con tutti, anche se la pensiamo diversamente".
La canzone che ami?
"'Più bella cosa' di Eros Ramazzotti, mi fa sentire bene. E la frase 'Grazie di esistere' vale anche per l'Inter".
Quando torni in campo?
"Spero presto, sono nell'ultima fase di questo lunghissimo recupero ma ci siamo quasi".
Ma per più partite?
"Spero di sì"
E dopo l'allenatore?
"No, vorrei fare qualcosa in società da dirigente. Basta che sia legato all'Inter, per dirigere da uomo".
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