MILANO - A Radio RAI GR Parlamento, all'interno della trasmissione "La Politica del Pallone", Diego Milito ha rilasciato un'intervista ai microfoni di Emilio Mancuso.
Anche l'attaccante argentino torna a parlare di Juventus-Inter spiegando che "è stata un'emozione unica quella di avere avuto la possibilità di vincere, noi per primi, nello Juventus Stadium e siamo contenti anche per i tifosi perchè sappiamo quanto sia importante questa partita per loro. Reti tutte argentine? Al di là dei gol, sia io che Rodrigo (Palacio, ndr) siamo contenti perchè siamo un gruppo unito al di là di ogni nazionalità e siamo felici per una vittoria importante sia a livello morale che di classifica".
"Sinceramente per noi cambia nulla", replica Milito alla domanda sul come si vada avanti dopo una vittoria così importante: "L'avevamo detto già all'inizio di questa stagione che avremmo voluto portare a termine un grandissimo campionato. E' vero, siamo ancora una squadra in costruzione, con tanti nuovi giocatori, ma la nostra idea è stata sempre quella di lottare fino alla fine. Poi, vedremo dove saremo riusciti ad arrivare. Fino ad adesso ho visto un campionato abbastanza equilibrato, al di là del fatto che noi e la Juventus stiamo facendo molto bene in termini di punti. Non è facile vincere da nessuna parte e sarà così fino alla fine".
In mattinata il presidente Massimo Moratti ha sottolineato l'esigenza di "non montarsi la testa" dopo la vittoria di Torino. Gli fa eco anche Milito: "Sono pienamente d'accordo con il presidente, abbiamo conquistato una bellissima vittoria, ma non abbiamo ancora fatto niente. Siamo all'11a giornata di campionato, manca ancora tantissimo e mancano ancora tante partite difficili da affrontare, a cominciare da quella di domenica contro l'Atalanta".
Sulle polemiche arbitrali relative a Juventus-Inter, l'attaccante dice la sua: "Dispiace perchè sono errori gravi che hanno visto tutti. Al di la dell'evidente fuorigioco, l'espulsione di Lichtsteiner è stata molto più chiara. Io difendo costantemente gli arbitri perchè dico sempre che sono esseri umani e, come sbagliamo noi, possono sbagliare anche loro. Ma ci sono errori che sono più gravi del solito e quelli di sabato sera sono stati più gravi del solito".
Anche con l'attaccante nerazzurro si torna a parlare del paragone Stramaccioni-Mourinho: "A me personalmente non piace paragonare gli allenatori - spiega - ognuno ha il proprio modo di vedere il calcio. Forse quello che hanno in comune è il riuscire con il proprio messaggio a fare in modo che il giocatore si esprima nella miglior maniera, ma poi ognuno ha il proprio modo di esprimere il calcio e di allenare. Se ci fosse stato Mourinho in panchina sabato sera? Ma Mourinho non c'era, quindi guardiamo avanti, lui sarà sempre nel nostro cuore e lui lo sa".
Che cosa si provi a giocare al fianco
di uno come Antonio Cassano, lo spiega lo stesso Milito: "Sono dei
grandi campioni ed è sempre piacevole, un vantaggio. Sia lui, sia
Palacio, Coutinho o Alvarez, abbiamo giocatori importanti in attacco
e per me è sempre un piacere giocare con loro. Un peso non giocare
la Champions League? Dispiace perchè l'Inter è abituata a questo
tipo di competizione, ma cercheremo di fare un ottimo campionato per
raggiungerla il prossimo anno. Braccia aperte per il ritorno di
Sneijder? Sicuramente, lui è un campione che ci ha dato tantissimo,
poi sarà il mister a gestire il suo ritorno in campo".
E parlando di successi come non arrivare a parlare di colui che ne è il primo artefice, il presidente Massimo Moratti: "La sua è una figura importantissima, credo che tutti lo sappiano bene. E' un appassionato del calcio, della sua Inter, per noi è un appoggio costante, con il suo messaggio ci dà la carica ed è sempre vicino alla squadra. Per noi è un valore aggiunto".
In chiusura, si torna alle origini per spiegare da dove venga il soprannome di "principe" per Diego Milito: "E' nato in Argentina tanti anni fa quando ho esordito il prima squadra perchè dicevano che somigliavo tanto a Enzo Francescoli, un grandissimo giocatore, che ha giocato a Cagliari qui in Italia, lo chiamavano Principe e hanno chiamato così anche me".