ANDREA PINAMONTI, CLASSE 1999, PREDESTINATO DEL GOL

Da Cles a Milano per inseguire un sogno nerazzurro. Con MondoFutbol.com alla scoperta dell'attaccante della Primavera interista

MILANO - Tum, tum, tum. Un suono a intervalli pressoché regolari: la palla colpisce il muro e ritorna come attratta dal piede del bambino che prende a colpirla di nuovo con forza e precisione. Poi il silenzio, la mamma che ti chiama per la cena. 

La magia del calcio, stavolta fa tappa in una valle trentina. Andrea Pinamonti è nato lontano dalla grande città, per arrivare all'autostrada ci vuole più di mezz'ora ma niente può mettere la sordina alla sua passione per il calcio. Ed è la sua insistenza, smodata e sorprendente anche per chi gli sta più vicino, che convince il papà a iscriverlo a una scuola calcio estiva quando ha solamente cinque anni. Il signor Roberto Vicenzi, il primo tecnico a vederlo in quella settimana di molti anni fa, quando tutti i ragazzi hanno almeno otto anni, rimane incuriosito dal talento e colpito dalla voglia di giocare e di migliorarsi di un bambino così piccolo. È lui che lo forza a lavorare anche col piede meno forte e così Andrea, a casa, anche anni dopo, rimane lì: lui, la palla e il muro. Una sola scarpa, la sinistra, per essere obbligato a colpire solo con quella, con forza e precisione. Tum, tum, tum.

Anche dopo gli allenamenti nella Bassa Anaunia, la prima società che lo tessera, anche dopo l'ora e mezza che si fa per arrivare al campo del Chievo Verona: fuori dalla scuola media un pulmino lo raccoglie e lui consuma pasta e bistecca nel viaggio, due ore di allenamento poi il ritorno a casa. E ancora il muro. Oltre alla promessa di arrivare all'Inter, perché lì, lui cuore nerazzurro per imposizione familiare, è destinato. Nessun dubbio al primo provino con la maglia nerazzurra: il responsabile delle Attività di Base Giuliano Rusca insieme al talent scout Bruno Casiraghi, uomini chiave del fruttuoso settore giovanile dell'Inter, non fanno nemmeno terminare la partitella dove peraltro Andrea continua a segnare.

L'arrivo a Milano è nel suo destino e si compie ormai quattro anni fa, nella categoria Giovanissimi, anche se però Pinamonti, classe '99 come il suo attuale numero di maglia, per fisico e qualità, è abituato a giocare spesso sotto età. Pure il suo arrivo in Primavera è precoce, l'anno passato. Convince subito mister Stefano Vecchi, che lo butta dentro nella gara con l'Udinese: tum, primo gol. Anzi, golazo. Da subentrante, con almeno due anni di differenza, Andrea entra e quasi sempre segna. In una settimana magica, realizza una doppietta agli Allievi del Milan, poi nella partita contro la Primavera rossonera di qualche giorno dopo entra in campo negli ultimi minuti e fa il bis, anzi, il tris settimanale contro i cugini, firmando il definitivo 3-0. La panchina si svuota per rincorrerlo e seppellirlo di festeggiamenti. Poi arriva la Lazio, tum: gol. Poi la Roma: tum, gol. Pochi minuti in campo, tanti gol.

Seppure molto giovane, arriva anche l'esordio con la prima squadra da titolare, quest'anno: è in campo nella partita contro lo Sparta Praga in Europa League. Subito un'azione in cui utilizza il piede sinistro, poi, in occasione della segnatura di Eder, riceve palla spalle alla porta, la difende, la addomestica e la porge al compagno che può segnare. Un'azione che nel mondo ispanico, sarebbe etichettata come una 'pared', un muro: esattamente il compagno di tanti pomeriggi in cui sognava in grande con la maglia nerazzurra addosso. Sognava, e adesso è proprio lì dove voleva essere, avvolto dalla magia di San Siro ma con la stessa serenità dei giorni di Cles: 'Sto solo giocando una partita!', penserà: altro che stress. Che non gli monta nemmeno quando deve rispondere alla prime domande della stampa, come un 'grande'. Un'occhiata all'interlocutore, poi la testa in giù, quando affiora un po' di timidezza, uno sguardo verso la terra che in Trentino, da dove proviene, è bassa, e per conquistarla devi fare fatica, lavorare, impegnarti. Non chiacchierare o lamentarti.

Ad Andrea, non ha mai fatto difetto questo fondamentale, lui che dal campo esce sempre un secondo dopo aver fatto scorrere l'ultima goccia di sudore. Per questo gli vogliono già bene tutti, all'Inter. E attendono il prossimo tum sulla palla, ma stavolta non ci sarà più un muro, ma la rete ad accogliere il suo tiro. Sarà comunque bello, come a Cles. Il calcio nasce in quei cortili, e lo spirito di quei posti non dovrebbe mai essere abbandonato.

Carlo Pizzigoni 

 


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