MAZZOLA: "IL NERAZZURRO È QUALCOSA CHE RIMANE DENTRO"

La leggenda nerazzurra si racconta a Memorabilia: "Che emozione il primo gol contro la Juventus. Picchi era più di un capitano"

MILANO - Sandro Mazzola si racconta nella terza puntata di Memorabilia, in esclusiva questa sera su Inter Channel. Ecco un estratto della lunga intervista di uno dei più grandi campioni della storia nerazzurra, che inizia raccontando i suoi primi calci al pallone: "Andavo all'oratorio di San Lorenzo a giocare con Adriano Celentano. Io ero più piccolo di lui, ci piaceva giocare insieme a quei tempi".

Poi l'inizio della storia tra l'Inter e Mazzola: "L'Inter mi vide in un provino con un altra squadra. Il primo periodo fu difficile, non capivo cosa voleva dire fare il numero 8 che giocava da attaccante. Volevo giocare come mio padre ma l'allenatore di allora Herrera voleva posizionarmi affianco alla prima punta".

L'esordio con gol in Serie A: "L'Inter si apprestava a giocare una gara contro la Juventus. L'incontro era la ripetizione di una sfida di campionato. Per protesta, la società nerazzurra, schierò in campo tutti i giovani della rosa. Quella mattina, dopo aver sostenuto un interrogazione a scuola, andai a giocare la sfida contro la Juventus. Mi incaricarono di tirare un calcio di rigore e segnai il mio primo gol in Serie A".

"Di Stefano era il mio idolo. Quando l'ho incontrato nella finale di Coppa dei Campioni a Vienna, per me era come aver conosciuto il dio del calcio. Suarez mi prendeva in giro perché ero rimasto di stucco, a bocca aperta. Mi ha detto: 'Noi andiamo a giocare la finale, tu cosa vuoi fare, resti qui a guardare Alfredo?' A fine partita Puskas mi ha lasciato la sua maglietta, dicendomi che ero degno di mio padre. È la maglia più importante della mia collezione, anche se io avrei voluto quella di Di Stefano (sorride, ndr). Ho segnato due gol contro il Real Madrid, per me è stato qualcosa di incredibile". 

Sulla semifinale del 1964-1965 contro il Liverpool: "Herrera ci ha martellato talmente tanto in vista della partita di ritorno che eravamo sicuri di ribaltare il risultato. Per ognuno di noi aveva preparato un video con i difetti dell'avversario. Era un genio, veramente eccezionale". Sulla finale a San Siro: "Pioveva tanto ed eravamo emozionatissimi. Non abbiamo giocato molto bene e abbiamo vinto con un tiro non irresistibile di Jair. Vincere in casa la Coppa dei Campioni è stato il massimo. Anche per Herrera è stata una gioia grandiosa".

Figura importante della Grande Inter fu Armando Picchi, che Mazzola ricorda così: "Picchi non era solo il capitano eletto dalla società, ma era il capitano anche per il gruppo. Ci rappresentava nel migliore dei modi, arrivava sempre prima di tutti e difendeva i più deboli. Si vedeva già che srebbe stato un grandissimo allenatore, lo era già in campo". 

Successivamente L'Inter cambia allenatore a metà anno, arriva Invernizzi e vince lo scudetto: "All'inizio c'era grande entusiasmo. Heriberto era un grande allenatore ma faticava a trasmettere, perciò la squadra faticava a recepire. Invernizzi responsabilizzò il gruppo dei vecchi, rimise in pista alcuni giocatori fuori squadra. Andando a Roma ci studiammo il calendario, andammo a Fraizzoli e gli dicemmo che avremmo vinto il campionato".

Ai tempi la rivalità cittadina era molto più forte: "Rivera aveva un difetto grosso, la maglia, ma come ti dava la palla lui, al momento giusto e con la forza giusta... però a Milano tra bauscia e casciavit c'era rivalità tra tifosi e quindi anche noi giocatori ci frequentavamo un po' di nascosto".

"In quegli anni gli olandesi giocavano un calcio troppo più avanti del nostro, con gli esterni che pressavano in continuazione e un certo Cruijff che inventava giocate incredibili. Era bello arrivare anche secondi dietro a loro".

Chiusa la carriera da calciatore inizia quella da dirigente: "Non pensavo fosse possibile portare Ronaldo, aveva una clausola pazzesca. Ma avendo già l'accordo con il giocatore fu possibile. Era anche un bravissimo ragazzo, anche troppo forse, con un carattere d'oro".

"L'Inter mi diede una possibilità, una cosa che non ha prezzo. Mi diede la possibilità di diventare qualcuno una volta che scomparve papà, il nerazzurro è qualcosa che rimane dentro".


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