BAGGIO E PAGLIUCA: MILANO, BOLOGNA E UN CARICO DI SOGNI

Dal rossoblu al nerazzurro, e viceversa: aspettando Inter-Bologna, MondoFutbol.com ripercorre la storia di due leggende del calcio italiano

MILANO - Circa 200 chilometri separano Milano e Bologna. Uno dei tragitti più battuti da molti pendolari, nell'estate del '98, rappresentò la concretizzazione di un sogno di bambino. Quello che cullava Roberto Baggio, quando nel campetto di Caldogno tirava i primi calci a un pallone: giocare nella sua squadra del cuore, quella per cui si faceva e tuttora si fa il tifo a casa sua e in tutta la sua famiglia. L'Inter.

Nell'autunno 1998, i suoi sogni di bambino si materializzano a San Siro, e lo travolgono. 

A Milano, il 25 novembre, l'Inter ospita il Real Madrid nella penultima partita del girone C di Champions League. Sono i Blancos che solo sei mesi prima avevano conquistato la 'Séptima' battendo la Juventus nella finale di Amsterdam. Ma la Scala del calcio, in certe serate, non mostra il minimo timore reverenziale nemmeno di fronte ai Campioni d'Europa in carica. E non lo mostra neppure chi, cinque anni prima, è stato premiato col Pallone d'Oro.

Baggio entra al 23' della ripresa al posto di Zamorano, con la partita bloccata sul punteggio di 1-1. La sua espressione facciale non lascia trasparire nessuna emozione. Come se quell'aura malinconica che tempo dopo Jorge Valdano, grande giocatore e dirigente delle Merengues, gli avrebbe appiccicato addosso, riuscisse a rendere impalpabili i sogni di quel bambino di Caldogno. 

Ma bastano 22 minuti inebrianti per squarciare il velo. 

Baggio riceve in area di rigore dal 'Cholo' Simeone, 'triangola' fortuitamente con Ivan Campo e calcia di destro. È una conclusione che spiazza Bodo Illgner che si tuffa, d'istinto, verso sinistra lasciando ai piedi il compito di fermare il tiro del Dieci nerazzurro. La deviazione dell'imponente numero uno del Madrid, però, è debole e non può impedire al pallone di entrare in porta. 

San Siro esplode, Baggio si toglie la maglia, probabilmente un gesto che aspettava di compiere da tutta la vita. Si prende l'abbraccio di uno stadio finalmente suo. Dei suoi tifosi che, anche nei momenti più difficili, lo avrebbero amato, atteso, invocato e poi rimpianto. Così come avevano fatto quelli del Bologna nella stagione precedente, e tutti i tifosi delle squadre per cui ha giocato in carriera. Perché, al netto di critiche, sempre opinabili, il vero comun denominatore della carriera del Divin Codino è l'amore della gente. 

Un amore che in quel 25 novembre, contro il Real Madrid, raggiunge la sublimazione nei minuti di recupero. Otto minuti dopo la rete del 2-1, arriva il sigillo che chiude la partita. Baggio stoppa di sinistro un passaggio in profondità di Simeone, ancora lui, e danzando sul pallone elude Illgner: 3-1 Inter. Poi si porta la mano all'orecchio, per meglio sentire gli ottantamila di San Siro. Per ascoltare la dolce melodia di un sogno divenuto realtà.

In quella melodia c'è anche l'esultanza di Gianluca Pagliuca, che si trova dall'altra parte del campo, a difendere la porta dell'Inter. Il 'Gatto di Casalecchio', pupillo di Vujadin Boskov a Genova, era approdato a Milano nell'estate del '94 dalla Sampdoria. Pochi mesi prima dell'arrivo di Baggio, Pagliuca è protagonista di una delle partite che segnano la storia infinita dell'Inter in Europa. Il 6 maggio 1998, al Parco dei Principi di Parigi, in una notte che sa di magia, l'Inter travolge la Lazio con le reti di Zamorano, Zanetti e Ronaldo, aggiudicandosi la Coppa Uefa. 3-0, un risultato rotondo anche per merito di Pagliuca, che mantiene inviolata la porta nerazzurra: superba la parata, nella ripresa, su un destro al volo di Roberto Mancini. 

Nell'estate del 1999, a 32 anni, un anno dopo Roberto, anche Gianluca percorre i chilometri che separano Milano e Bologna. Il suo, però, è un tragitto inverso rispetto a quello di Baggio. Un ritorno a casa, nella sua città. A Bologna, Pagliuca gioca altre sette stagioni, diventando capitano e rimanendo nell'anno della bruciante retrocessione in Serie B. 

Poco più di 200 chilometri: Milano, Bologna. Un tragitto ordinario per molti che si trasforma in straordinario se a percorrerlo, con il loro carico di sogni, sono due indimenticabili leggende del calcio italiano. Inter-Bologna è anche questo.

 

Davide Zanelli


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