MILANO - Contate fino a tredici. Forza. È un attimo. C'è chi, in questo periodo, lo fa sempre. È Sandro Mazzola e i secondi - tredici, appunto - sono quelli che ha impiegato per segnare al Milan, nel suo primo derby, data 24 febbraio 1963.
"È l'emozione più grande che mi porto dentro nel derby", racconta Mazzola. "Quando ho segnato non ci credevo. Io che sono sempre stato 'normale' nel festeggiare i gol, quella volta feci 2 piroette. Ero euforico. Così tanto che si avvicinò Suarez e mi disse: 'Tu sei qui a festeggiare, ma ora torna indietro a dare una mano".
È #MilanInter, derby anche per Mazzola. "Dove vedrò la partita? Ancora non lo so, di solito decido all'ultimo. Ma cerco sempre di vederlo con i miei figli e i miei nipoti". Dinastie nerazzurre, dunque. Che si tramandano nel tempo gol dopo gol. Derby dopo derby. Successi dopo successi. E, a proposito, come si viveva questa partita? "Per noi era la partita più importante. Ho avuto un maestro come Meazza, uno che non si scioglieva mai. Ma ricordo che una volta ci convocò tutti a mangiare insieme in una specie di ritiro. Entra in stanza e in dialetto milanese ci dice: 'Voi penserete che sono diventato matto, ma dovete sapere una cosa: ho una macchia nera nella mia carriera perché ho giocato sei mesi con il Milan'. Tutto questo ci caricava tantissimo e non si vedeva l'ora di scendere in campo".
Già, il campo, la partita. Sensazioni che, solo chi ha giocato può raccontare: "La città si svegliava al mattino e partivano i cortei di tifosi da Piazza Duomo fino a San Siro. C'erano bandiere ovunque". E l'ingresso in campo? "Il vero problema era la scaletta", dice Mazzola ridendo. "Dagli spogliatoi si scendevano i gradini, si passava dentro il tunnel, poi si usciva. Ma dentro non si sentiva niente. E quando iniziavi a salire la scalinata sentivi l'urlo dei tifosi e le gambe tremavano un po' dall'emozione".
Poi, cominciava la partita. Ed a leggende come Mazzola potevano bastare solo 13 secondi per incidere. Contateli. È un attimo. Ma le emozioni, quelle, restano per sempre. E sono nerazzurre.
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