MILANO - Incredibile come sia poi passato alla storia come il Mago, lui che la magia l'aveva fondata sul lavoro e sulla cultura. Disciplina e conoscenza di tutto, questo era Helenio Herrera, internazionale per nascita e percorso di vita, Internazionale come appartenenza ai colori nerazzurri. Una sorta di rivoluzionario militante del calcio, arrivato nel '60, primo ritiro a San Pellegrino, diverso da chiunque l'avesse preceduto. Dirompente, perfino nei confronti della sua stessa professione, che cambiò rendendola fondamentale, economicamente premiante, illuminante dal punto di vista mediatico.
Vinse tutto dopo un'astinenza da vittorie, ribaltò la storia, plasmò ragazzini in campioni, portò campioni insieme ai ragazzini, fu per sempre unico. Un Mago inconfondibile.
Per timbro di voce, per gesti, per idee.
Quella era la Milano delle idee, era consentito sognare, alzare la testa dopo il buio della Seconda Guerra Mondiale, non avere paura di credere. L'Europa era un fermento, negli anni Sessanta. Di musica, di stereotipi rovesciati e volti al nuovo, di povertà ribaltate in ricchezze che non avevano paura di osare.
Mai stato solo il Mago, negli anni sessanta. Piuttosto l'espressione di una sinergia profonda fra chi l'aveva scelto, Angelo Moratti, i suoi ragazzi che convinse a diventare campioni, il primo manager della storia del calcio, Italo Allodi. La magia appartenne a tutti loro, la crearono insieme.
Angelo Moratti era un petroliere che aveva creduto da imprenditore in qualcosa di quasi sconosciuto fino allora, uno di quelli che non conoscevano l'esitazione. Disse un giorno, 'si fa sul serio' e scelse Herrera.
Prese il meglio, come giocatori, li scelse senza confini concreti, come criterio decretò solo il meglio del calcio. Era, è il DNA della Società, essere internazionali. Li affidò al migliore, il migliore ci mise del suo, indirizzò, il risultato fu l'Inter sul tetto d'Italia, d' Europa e del mondo.
Sinergia, magia, qualcosa di indimenticabile, la Grande Inter.
Si dice che quello fosse un calcio diverso. Verissimo, la realtà è che era un mondo diverso.
Una Milano luminosa, una culla del possibile, aperta all'eco dell'Europa. Una meta, per gente del Sud, un simbolo di lavoro, dove il calcio recitava, sulle gradinate di San Siro, un potente ruolo di aggregazione. Con l'Inter, Milano arrivò ovunque, sbaragliò il Sud America, fece breccia nella stampa d' Europa e del Mondo.
Era l'Inter di Herrera, irripetibile perfino nelle iniziali.
HH, qualcosa che in Italia non si era mai scritto o sentito.