MILANO - In edicola per Sportweek, Gianfelice Facchetti intervista Ivan Cordoba. Lo ha fatto nella sede dell'Inter, Ivan è ritratto nella Sala Coppe. Incredibile, come un Campione che ha vinto tutto, adesso team manager, si guardi intorno e quasi si commuova. "Sembra una cattedrale", dice piano Ivan, cattolicissimo, ma talmente legato ai colori nerazzurri da dimensionare il suo attuale ruolo professionale non solo come un organizzatore degli impegni della squadra, ma, come spiega a Facchetti, come una sorta di ambasciatore dell'identità del Club. Ivan, uno che ha capito fino in fondo cosa sia l'Inter, che ha il culto della storia, e vuole trasmetterlo.
Riservato, schivo, uno che protegge la squadra, in fondo siamo abituati a vederlo difendere i nostri colori da tanto tempo. Lo fa anche adesso, che ha chiuso la carriera con quel derby di cui dice di aver "è stato il modo perfetto di chiudere con il campo". 6 maggio 2012, l'Inter batte il Milan 4-2. Poi la svolta, l'idea di poter passare più tempo con la famiglia, Maria e i tre bambini, e invece il ritorno, di nuovo al centro "A.Moratti".
Ricordi, nell'intervista, tanti. Facchetti fa le domande giuste, sa come farle il figlio di Giacinto, sa come si vive in casa con un Campione. Inevitabile l'accenno alla vigilia del derby su Mario Balotelli. "Fischiare nel calcio ci sta -dice Ivan- ma l'aspetto umano non va mai toccato, assolutamente".
Lo sa bene lui, che con Maria del calcio ha fatto anche un modo per fare del bene, ogni giorno in Colombia ci sono molti bambini che alle mense scolastiche hanno il pranzo e la merenda assicurati da loro. Centocinquanta, per la precisione. Così, Ivan e Maria Cordoba è come se ogni giorno mettessero a tavola 15° bambini, più i loro tre. Dice Ivan "lo faremo per sempre".
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