MILANO - Si dice che l'essenza dell'uomo si manifesti nelle azioni compiute. Per i calciatori come Giorgos Karagounis, simboli di umiltà e di sacrificio messo al servizio del collettivo, il campo ha rappresentato, spesso e volentieri, l'espressione massima di limiti e virtù. Basterebbe, nel caso specifico del centrocampista di Pyrgos, riportare le lancette indietro di tredici anni, ad un'estate impressa nelle sacre scritture del football dall'epopea della Grecia di Otto Rehhagel in Portogallo, capace di sottrarre la Coppa Henri Delaunay dalle mani di Cristiano Ronaldo. E nella sfera celeste di questa impresa, unica nel suo genere, Karagounis si colloca vicino alla buona stella, come esempio perfetto del "carpe diem" di oraziana memoria. Cogliere l'attimo, senza dar peso al domani, che, traslato al rettangolo di gioco, si traduce con il rubare palla a centrocampo, puntare la porta avversaria e bucarla. Le azioni compiute che identificano l'uomo, si diceva. E con quell'assolo nella partita inaugurale dell'Europeo 2004, sempre contro i padroni di casa lusitani, la stella greca aveva lanciato un messaggio chiaro alla favorita d'obbligo e virtualmente aveva posto la prima pietra di un percorso che lo avrebbe spinto fino al gradino più alto del podio, in cima ad un intero continente. Purtroppo da spettatore.
Perché, fato maledetto, l'idolo de La nave pirata non ha avuto mai il piacere di gustarsi le pagine finali dei romanzi abbozzati. Successe sia nell'ultimo capitolo del torneo continentale in questione che in quello della Coppa Italia 2004/05, raggiunta a suon di partite maschie e giocate ispirate e vinta dalla sua Inter nel doppio confronto con la Roma. La Serie A e l'occasione persa come costante della propria carriera. Non per caso era arrivato a Milano masticando l'amaro di una Souper Ligka Ellada persa sul fil di lana e di una eliminazione in Coppa UEFA, patita ai supplementari, al cospetto del Porto di José Mourinho, poi campione. Però, al di là del destino infausto, il ragazzo cresciuto nel Panathinaikos contribuì a suo modo a dare carattere ancor più internazionale alla società milanese, fissando la bandiera della Grecia sul mappamondo nerazzurro. Prima di Lampros Choutos e dopo Grigoris Georgatos, i due connazionali che ritroverà nell'amichevole benefica fra l'Inter Forever e la Nazionale ellenica campione d'Europa, prevista per il prossimo 7 giugno a Creta. In due stagioni trovò poco spazio, nel complicato passaggio da Cúper a Mancini, che, proprio come ha sempre amato fare Giorgos, scrisse l'incipit di una favola meravigliosa, culminata qualche anno dopo con il celebre Triplete.
Un paio di stagioni, 36 presenze, tanti scampoli di partita e nessun gol. Lo si ricorda far da spalla a centrocampisti dal cervello fino come Cambiasso, Verón e Farinós o a stretto contatto con l'attacco, in un ruolo che lo aveva consacrato nell'Europeo delle meraviglie. Caparbietà da vendere ma anche classe, che nel marzo 2004 prende la forma di un lampo indimenticabile per i tifosi interisti. Stadio "Meazza", il Benfica come ospite nel ritorno di un ottavo di finale di Coppa UEFA che terminerà con un godibile 4-3. Coi nerazzurri sotto di un gol a pochi istanti dall'intervallo, Karagounis decide di avere tra i piedi il pallone per invertire la rotta del match. Una prima sterzata a eludere un avversario poi, giunto nell'area piccola, un'altra finta che fa sedere portiere e difensore in un sol colpo, prima dell'appoggio a Martins sulla linea di porta. Una giocata meravigliosa, prova del talento di un giocatore che verrà tramandato ai posteri con meno elogi di quanto probabilmente meritasse. Non certo da parte dell'Inter, che non lo hai mai dimenticato. "È sempre bello tornare", confessò l'anno scorso ai microfoni di Inter Channel. Poche parole ma tanta sostanza. Non è un'azione ma riassume ugualmente chi sia Karagounis, uomo e condottiero nato.
Aniello Luciano - MondoFutbol.com