MILANO - Un guerriero catracho. Rigoberto Rivas è un giovane ragazzo honduregno che gioca nella Primavera dell'Inter. Un sogno, il suo, cominciato anni fa a Balfate, nello stato centroamericano con la bandiera dalle Cinque Stelle, che potrebbe divenire presto realtà: diventare un professionista. Un sogno che però vola, come deve essere, anche molto più in alto: indossare la maglia dell'Inter, quella dei 'grandi', e mettersi sul petto la grande H, cioè vestire la casacca della sua nazionale, quella dell'Honduras, caratterizzata appunto da quella lettera che appare sul lato sinistro dell'indumento. Quello non a caso vicino al cuore, perché da quello si dovrebbe prendere spunto, per giocare nell'Honduras, con l'anima catracha. Coraggio, dedizione, spirito di sacrificio, impegno costante e serietà.
Per riuscire nell'intento, per arrivare davvero in alto, Rigoberto sa che la strada da seguire è appunto quella tracciata dai suoi illustri antenati. Dei guerrieri che, nel XIX secolo, non hanno permesso agli statunitensi di spingere a sud il loro dominio. Perché "ahí vienen los catrachos", lì ci si ferma. C'erano i catrachos, gli honduregni, a bloccare l'esercito nemico. L'origine di questo strano gentilizio nasce per un errore di pronuncia del nome del capo di questo gruppo di generosi combattenti, il generale Florencio Xatruch. Da Xatruch a Catracho, secondo la sempre creativa cantilena delle persone del Centroamerica, dove l'Honduras è incastonato, in mezzo a straordinarie bellezze naturalistiche. Proprio affianco a El Salvador con cui diversi anni fa, per fortuna lontani nel tempo, scoppiò un conflitto violento che passerà alla storia come la Guerra del Fútbol, resa immortale poi dal racconto del giornalista polacco Ryszard Kapuściński.
L'Honduras, Paese di grande passione per il calcio, è oggi terra di emigrazione. La famiglia di Rigoberto ha scelto l'Europa, prima la Spagna e poi l'Italia, la Toscana. Qui, a 11 anni Rivas finalmente raggiunge la mamma, ma non abbandona mai il pallone. A casa ci giocava coi cugini, fino a sera inoltrata, qui trova nuovi amici e le prime società di calcio: indietro non si tira mai, mette in campo una decisione che gli dovrebbe pronosticare un futuro da professionista.
Nell'Inter Primavera guidata da Stefano Vecchi, si impone subito in mezzo al campo, dove lotta per recuperare palla e per ripartire con forza verso la porta avversaria: le sue caratteristiche sono infatti quelle di un 'volante', come si direbbe con linguaggio ispanico, lo stesso di Rivas, che sa fare tutto: bravo nel contrasto, educato con la palla, convinto quando deve ripartire e attaccare, dove ha buoni spunti, tanto che può benissimo ricoprire il ruolo di attaccante esterno. Uno vero, Rivas, con una fiamma dentro da guerriero catracho. Quella non si spegne mai. Sul cuore, la H di Honduras e in mezzo lo scudo dell'Inter, club che sta credendo nelle potenziali di questo ragazzo. Venuto dal Centroamerica per essere trasformato nell'ennesimo prodotto 'made in Interello'. Un marchio per giocatori di qualità. E soprattutto con un'anima. Profonda, autentica. Da guerriero.
Carlo Pizzigoni