MILANO - In principio furono Carl Valeri e Nathan Coe. L'Inter, sempre in prima linea in fatto di scouting, li adocchiò con la maglia gialloverde dell'Australia durante il Mondiale U17 del 2001 e li portò ad Interello. Arrivarono entrambi alle soglie della prima squadra, senza mai rappresentarla, per poi seguire percorsi opposti: Valeri rimbalzò fra C1 e B, Coe decise di ripartire dall'Eredivisie, senza grosse fortune. Al campionato olandese, invece, deve molto un terzo 'canguro' a strisce nerazzurre: Trent Sainsbury. Arrivato nell'ultima sessione di mercato, il venticinquenne di Perth è tornato in Europa dopo aver scritto un capitolo indelebile nella storia del PEC Zwolle, club dell'Overijssel capace di centrare una incredibile doppietta KNVB beker - Johan Cruijff Schaal (Coppa e Supercoppa d'Olanda) a cavallo fra la primavera e l'estate 2014.
Per il resto la formazione del centrale difensivo a disposizione di Stefano Pioli è sempre stata una questione di casa e famiglia: dai consigli di papà Scott, l'idolo calcistico d'infanzia, ai primi contatti con il pallone nell'Armadale (di cui il 'capostipite' dei Sainsbury, nato in Inghilterra e tifoso del Chelsea, era un elemento cardine della squadra A) e poi nell'AIS, con cui si laurea campione studentesco, e nel Perth Glory. Sono le premesse del passaggio al professionismo, avvenuto nel 2010, nel momento in cui sceglie di legarsi ai colori del Central Coast Mariners Football Club. Un inizio di carriera che si sviluppa da una sponda all'altra dell'Australia, attraverso un girotondo di consensi ed emozioni che nulla ha a che vedere con la natura del giovane Trent, umile e silenzioso, anche quando è fermo per qualche guaio fisico. Difatti, l'esperienza con i Mariners può ritenersi più che soddisfacente.
A Gosford trova il successo (vince l'A-League nella stagione 2012/13, la stessa in cui viene inserito nella Top 11 del campionato), l'amore (Elena, figlia dell'allenatore Graham Arnold, colui che lo ha invogliato a chiedere di più da se stesso, al punto da regalargli un libro con tanto di appunto motivazionale) e la notorietà. A caratterizzarlo dentro al campo sono le stesse qualità di sempre: la lucidità e la sveltezza nel prendere le decisioni, il coraggio, lo stacco, l'attitudine a francobollare il centravanti rivale, l'uscita dall'area a testa alta, con la palla spesso accarezzata e spedita al compagno meglio posizionato, anche se distante qualche decina di metri.
Con questo mix di agonismo ed eleganza ha affrontato l'Asian Cup 2015 e diretto, con Massimo Luongo e Matthew Ryan, i Socceroos fino all'oro continentale. Insomma, un vincente nato, uno che non si spaventa di fronte al grande salto, un po' come Skippy, il canguro protagonista di una famosa serie tv aussie da cui prende spunto il nomignolo che lo accompagna dai tempi del PEC Zwolle. Per questo, deciso a non rompere il filo diretto con la gloria, ha abbracciato il Jiangsu Suning e, nel gennaio 2017, l'Inter targata Zhang. Al di là delle diffidenze generali, i mezzi per allungare la sua bella favola con un inchiostro nero e azzurro ci sono tutti. E se anche un ipotetico esordio non dovesse essere accompagnato subito dal boato di San Siro, di sicuro qualcuno, fra la curva e la tribuna, non avrà paura di applaudire il primo interista d'Australia a vestire la gloriosa maglia. E sarà l'ennesima bandiera a sventolare nel firmamento di un club da sempre disposto ad accogliere tutti i fratelli del mondo.
Aniello Luciano