MILANO - Una coppia da sogno e un trionfo storico, il primo di tanti. Nel febbraio 1962 l'Inter si presenta per la quarta volta - la seconda consecutiva - alla 'Coppa Carnevale' di Viareggio che sta diventando una delle competizioni giovanili più importanti del mondo, riservata alla categoria 'Cadetti', l'antenata dell'attuale 'Primavera'. Nell'edizione precedente, quella del 1961, i nerazzurri guidati da una futura leggenda come Giacinto Facchetti erano arrivati fino alle semifinali, arrendendosi solo ai rigori al Vicenza e conquistando poi il terzo posto davanti al Milan. Una buona squadra che, con alcuni elementi del vecchio gruppo come il centrocampista Bruschettini e il difensore Longoni, punta alla vittoria.
In quell'Inter, c'è anche un ragazzo di Mantova, figlio di un operaio di una cartiera e tifoso interista fin da bambino. Ha giocato nella sua città con la squadra della parrocchia di S.Egidio e l'osservatore nerazzurro Eligio Vecchi, arrivato nella 'Bassa' per cercare un attaccante, è rimasto incantato dalle sue doti vedendolo giocare da mezzala. Lo porta a due provini in cui, schierato da attaccante, segna otto gol. Convince tutti, compreso il responsabile delle giovanili, il leggendario Giuseppe Meazza. Il goleador si chiama Roberto Boninsegna. Accanto a lui, in quell'edizione viene schierata un'altra creatura calcistica del 'Peppin', Alessandro Mazzola, il figlio del grande Valentino. Lui, cresciuto tra Cassano D'Adda e Milano, come il suo compagno Antonio Fusari ha già esordito in Serie A nel giugno 1961, quando l'Inter per protesta aveva mandato in campo contro la Juventus i 'ragazzi', segnando anche l'unico gol dei nerazzurri su rigore nel 9-1 finale.
'Sandro', nel torneo che vede giocare nelle file dei bianconeri anche Piero Gabetto, il figlio di Guglielmo, altro pilastro del Grande Torino, di reti ne segnerà due, entrambe importanti, una nei quarti di finale contro il Vicenza, l'altra in semifinale contro il Torino, la squadra che il destino e il pallone hanno legato al nome della sua famiglia. Più di lui segnerà il ragazzo di Mantova, schierato da punta. Lui non ha ancora debuttato con i 'grandi' ma va in gol quattro volte, tre nel doppio confronto del primo turno con i rumeni del Progresul Bucarest (3-3; 2-1), dove Mazzola è il migliore nel ruolo di playmaker, e una con il Toro, aprendo per i nerazzurri la strada verso la finale. Un ultimo atto che viene giocato il 5 marzo 1962 allo 'Stadio dei Pini' e in cui l'Inter si trova a fronteggiare la Fiorentina dell'attaccante Fernando Veneranda, già autore di sei gol (e capocannoniere della manifestazione), dell'ala Paolo Nuti e della futura bandiera viola Giuseppe Brizi.
Una sfida difficile che non sarà risolta da nessuna delle stelle nerazzurre: non segnano infatti né Mazzola né Boninsegna, ma Bruno Petroni, marchigiano della provincia di Pesaro che il "Mago" Herrera, allenatore della prima squadra, aveva già fatto debuttare (con gol) anche in Coppa delle Fiere contro il Colonia. L'attaccante, che sarà con l'Inter campione d'Europa nel 1964, prima apre e poi chiude le marcature, firmando insieme al fiorentino Nuti il 2-1 finale: per molti protagonisti di quella partita, che comunque avranno discrete carriere tra i professionisti, quello sarà il più grande trionfo della carriera. Non per Mazzola e Boninsegna, le cui strade si separano quando Roberto nel 1963 viene ceduto al Prato. Ritornerà all'Inter nel 1969, vincendo con il compagno Sandro lo scudetto nel 1971, laureandosi anche capocannoniere della Serie A. Con la Nazionale e ancora insieme accarezzeranno un sogno, quello del Mondiale nel 1970. In finale all''Azteca' di Città del Messico saranno fianco a fianco nel ko contro il Brasile di Pelé, con 'Bonimba' autore del gol del momentaneo pareggio. Una storia meravigliosa, iniziata in un giorno di marzo come questi, a Viareggio.
Roberto Brambilla e Simone Pierotti