I DERBY DEL PRINCIPE MILITO

In vista di Milan-Inter, riviviamo con MondoFutbol i #DerbyMilano in cui il campione nerazzurro, eroe del Triplete, è stato decisivo

MILANO - "Me ne vado come voglio, nella mia casa, con la mia gente", ha detto Diego Alberto Milito salutando la Guardia Imperial del Racing Avellaneda, una delle tante tifoserie che lo ha amato visceralmente.

In settimana ha dato l'addio al fútbol il Principe, in una partita a cui hanno partecipato tanti interisti, a cominciare dal vice president Javier Zanetti e dall'"anima" di Inter Forever, Francesco Toldo. Ha salutato il calcio un professionista unico. Ineguagliabile, speciale, come i derby che ha dominato sul prato di San Siro.

Professionalità e disciplina: le caratteristiche principali di Milito non erano soltanto tecniche. Da quando non gioca più a San Siro, il ricordo del numero 22 non ha lasciato le tribune del Meazza, perché gli amori grandi non si estinguono con la distanza, anzi: con essa si rafforzano. E oggi il Principe rimane presente allo stadio anche attraverso le magliette dei tifosi. Che lo hanno ricordato in questi giorni lanciando in rete messaggi forti, teneri e romantici, in occasione del suo ritiro ufficiale.

Sei anni fa, l'inizio delle straordinarie gesta di questo attaccante. Il 29 agosto 2009 la tensione è alle stelle, mentre José Mourinho osserva dalla panchina il primo urlo di gioia di Milito nel derby contro il Milan. Il rigore del 2-0 è calciato con furbizia, la coda dell'occhio nota il movimento di Storari e la palla va dove deve andare, poi l'estasi del festeggiamento del Principe, le braccia lungo al corpo per abbracciare i compagni e tutta la San Siro interista, tutto il mondo nerazzurro.

Diego Milito sigla un gol e due assist nello 0-4 che porta una mentalità differente a quell'Inter poi invincibile. Una squadra matura, determinata e inarrestabile, come il suo Principe.

Uno che ha un occhio diverso, uno che il calcio lo gioca semplice perché lo capisce con anticipo: l'assist per lo 0-1 di Thiago Motta nel suo primo derby è molto più di un indizio. È il significato di uomo-squadra: un'istantanea perfetta, cui non mancheranno altre indimenticabili polaroid, sullo sfondo sempre tanti difensori, spesso rossoneri, col capo basso. Perché Milito era una macchina da gol, ma nel derby era davvero un uomo in più.

Ci sarà sempre la sua firma, letale nei confronti del Milan. Il sinistro che gonfia la rete per l'1-0 nel derby di gennaio apre la strada alla stagione nerazzurra più dolce, in cui Milito sarà Principe di ogni stadio d'Italia e d'Europa.

Nelle partite chiave del Triplete c'è sempre la sua firma, c'è sempre il suo urlo, e quelle braccia lungo il corpo.

Roma, Siena, Madrid. Sempre il 22.

Ma il film non finisce con la Champions sollevata al Santiago Bernabéu. Re dei derby sia a Genova che ad Avellaneda, dove nel 2014 metterà la firma sul titolo argentino con un gol ai rivali dell'Independiente, a Diego Milito mancava un'ultima notte per dire la sua, nel tempio del calcio milanese. È una serata di maggio del 2012, Andrea Stramaccioni siede sulla panchina dei nerazzurri ed Estebán Cambiasso svetta di testa su un calcio di punizione. Il gol di Milito è quasi l'ovvia conclusione dello schema, come se fosse il gesto più naturale del pianeta. Lo è, per chi ha senso della posizione come lui, per chi sa in anticipo dove va a finire la palla. Il Principe aveva lasciato la sua firma, eppure non era ancora abbastanza: Diego Milito vince anche il duello con Zlatan Ibrahimović, che mette a segno due reti ma non può nulla contro la tripletta dell'argentino, assoluto padrone dei derby milanesi.

Il sentimento gli ha imposto di chiudere la carriera a casa, al Racing. Arrivato in un ambiente depresso da troppe sconfitte, ha rivitalizzato tutto e tutti, ha cambiato la testa del club. La professionalità e la disciplina sono merce rara, ovunque, e sono patrimonio di Diego Alberto Milito, prima di tutto e sopra ogni sua caratteristica tecnica.

Perché nel "Diego Milito facci un gol" di tutta San Siro, specie quando è agghindato per un derby, c'è ancora un mondo di brividi. Di quelli che rimangono per sempre.

Bruno Bottaro


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