THE SAINTS ACADEMY, LA FABBRICA DI CAMPIONI

In collaborazione con MondoFutbol.com, viaggio nella fabbrica dei giocatori biancorossi. Una filosofia che i Saints condividono proprio con l'Inter

MILANO - Via la mazza di legno dal profilo piatto, la coppola e le imbottiture, e, in sella a una bici, dritto verso lo stadio The Dell, appena ristrutturato da Archibald Leitch, il 'padre' dell'Anfield Road. Dev'essere stata più o meno questa la routine di Johnny Arnold quando alla fine degli anni '20 divideva le sue giornate fra l'Hampshire Cricket Club e gli allenamenti con il Southampton Football Club. Mezzo battitore e mezzo esterno d'attacco mancino, è stato uno dei dodici ad aver difeso i colori dell'Inghilterra sia nel cricket che nel calcio. Talento e precocità come nella tradizione dei 'The Saints'. Arnold, che per non farsi mancare nulla chiuse la propria carriera sportiva arbitrando, è solo uno degli esempi di come il settore giovanile dei biancorossi possa ritenersi a tutti gli effetti un'autentica fabbrica di campioni.

In comune con l'Inter, c'è la grande attenzione alla crescita dei talenti. I tanti debutti in Serie A e B di questi anni sono una testimonianza superiore anche ai numerosi trofei nazionali  e internazionali vinti: il club nerazzurro alzò la coppa della NextGen Series 2011/12, l'antesignana della Champions dei giovani, proprio in terra inglese, la stessa che calpesterà Stefano Vecchi, un Viareggio e una Coppa Italia con la Primavera, chiamato a sostituire de Boer in Europa League. Cura nella scelta dei ragazzi selezionati sul territorio e impegno nella costruzione dei giocatori: nessun ulteriore segreto. L'obiettivo numero uno, come ama dire il responsabile dell'Academy Matt Hale, rimane quello di 'produrre in casa almeno il 50% della rosa'.

Una filosofia che ha avuto riscontri positivi grazie all'applicazione di metodologie di lavoro estese a tutte le categorie e all'ausilio della tecnologia. Ogni singolo allievo è in possesso di un tablet che ne monitora in tempo reale lo stato di salute, le capacità tecniche, i progressi a scuola e in campo. Ciò è reso possibile dall'adozione di un modello di gioco ben preciso (il 4-3-3 con rotazioni a centrocampo, costruzione da dietro e terzini sempre in appoggio) e da un sistema di telecamere che accumula dati poi inviati al singolo ragazzo via app e al centro di supporto chiamato Black Box. Qui tutto è pensato in funzione della prima squadra e per questo nel 2014 è stato inaugurato, abbracciando il Premier League's Elite Player Performance Plan, il Markus Liebheer Pavilion, il complesso state-of-the-art all'interno dello Staplewood, la struttura che oggi ospita gli allenamenti di Claude Puel. Adulti e giovani sempre a contatto, in modo tale da favorire la conoscenza e la crescita sportiva dei secondi, preparati alla giornata tipo del calciatore professionista, sempre nel rispetto dei momenti critici dello sviluppo. In altre parole, pazienza e sostenibilità.

L'idea è quella di far respirare fin dalla tenera età il 'Southampton Way' saggiato da gente del calibro di Alan Shearer, Matthew Le Tissier (sedici stagioni in biancorosso e l'appellativo di 'Le God'), Wayne Bridge, Theo Walcott, Alex Oxlade-Chamberlain, Adam Lallana e soprattutto Gareth Bale. Il campione gallese racconta di aver accolto la proposta del club con qualche passo di danza in salotto e una richiesta ben precisa ai genitori: 'Vi prego, lasciatemi andare. Vi prometto che mi impegnerò seriamente a scuola'. Durante il suo primo allenamento, seguito da Rod Ruddick, colui che lo aveva scoperto in un torneo a Newport quando aveva 9 anni, segnò una rete in partitella ma non soddisfatto della prestazione, a fine seduta, posizionò sei palloni fuori area e li calciò verso la porta. Quattro finirono nello specchio della stessa. Tutti col mancino. Come Johnny Arnold.

Con lo stesso piede si presenta anche Matt Targett, anno di nascita 1995 e una decina di gettoni con quell'Under 21 inglese di cui è capitano un altro saint, James Ward-Prowse. Targett, infortunato, ha di recente ceduto la cura della fascia sinistra al coetaneo Sam McQueen, nato e cresciuto a Southampton. Dalle parti del St. Mary's Stadium, in una zona di assoluta rilevanza archeologica (l'impianto sportivo si trova nella stessa area  che ospitava lo stanziamento sassone di Hamwic),  sanno bene come portare alla luce i tesori.

Aniello Luciano


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