PESCARA - L'identità è un valore da assecondare, per il Pescara e per il suo tecnico, Massimo Oddo. Con una identità di gioco propositiva ha raggiunto la Serie A: la stessa idea è rimasta anche nelle prime uscite del nuovo campionato. Il Pescara propone calcio. Principi di gioco moderni, superiorità in zona palla più che automatismi di movimenti, più concetti di gioco alla Spalletti che calcio offensivo alla Zeman o alla Di Francesco, Oddo ha iniziato la stagione giocando con un falso nove come Caprari, e proprio grazie all'abilità del ragazzo cresciuto nella Roma può costruire in tutta la zona offensiva possibilità di scambi rapidi, uno-due tocchi e poi imbucata veloce. Perché davanti vuole gente che possiede creatività, da Valerio Verre all'inglese di origine librica Ahmed Benali, cresciuto nel Manchester City, e presto ci sarà spazio per il talento francese Bahebeck, in prestito dal PSG.
Massimo Oddo ha fiducia nella tecnica dei suoi ragazzi, e predilige questo tipo di qualità davanti, mentre dietro non si sposta dalla difesa a quattro con principi anche conservativi, nella partecipazione al gioco (chi ha più deleghe offensive è il cernuschese, oltre che cuore nerazzurro, Cristiano Biraghi, cresciuto a Interello, fin da giovanissimo: con Pea ha vinto un Viareggio, nel 2011). Davanti si fa calcio, secondo le caratteristiche dei suoi giocatori, e in questo, il riferimento più alto rimane Luis Enrique, che ha ricreato nel Barcellona una macchina fantastica. Capacità di incidere, anche grazie a intuizioni improvvise, come deve avere un tecnico di alto livello (e a quei livelli Oddo, sempre tendere), ma anche sapienza nella gestione del gruppo. Nella direzione di una carriera da dirigente sembrava tendere il post-attività agonistica di Oddo, in principio. Sempre positivo, nella visione del futuro, propositivo e sicuro di sé e delle sue idee, l'ex capitano della Lazio pensava inizialmente a un ruolo da manager, magari da spendersi, un giorno, anche in organi transnazionali. Poi però, di nuovo il campo, il profumo dell'erba di gioco e una scintilla: provare come allenatore.
La scintilla iniziale ha seguito poi un percorso di preparazione attento e ordinato, com'è nella reale natura di Oddo. Massimo è figlio di sportivi, non solo papà Franco allenatore, ma pure mamma Maria, anche lei atleta, e ha quindi una forma mentis che tende alla disciplina, al rispetto nei confronti del gioco. Oddo inizia così a interessarsi al ruolo di tecnico, frequenta il Supercorso di Coverciano, lui che è campione del mondo nel 2006, e inizia coi giovani, negli Allievi del Genoa, nell'agosto del 2013. Altra scintilla, il feeling, anche da tecnico, col gruppo. Riconoscere quando è tempo di strillare e quando è necessario dare consigli a bassa voce e in privato: ce l'hai dentro, e lui, Massimo, lo sente. Poi il richiamo della sua terra, l'Abruzzo, e Pescara, il Delfino. Prima l'esperienza con la Primavera, e poi il lancio definitivo in prima squadra. Improvviso, nel maggio del 2015, dopo l'esonero di Marco Baroni a una giornata dal termine del campionato, e solo quindi per i playoff per salire in A. Oddo ha dimostrato in quel momento che la preparazione al passaggio tra i grandi è stata nel tempo maturata con cura, perché da subito ha inciso. E da subito ha stupito tutti, proponendo il suo calcio. Per la promozione in A, ha dovuto attendere un'altra stagione, però.
Oddo ha trasformato questa istantanea delusione in una opportunità, e un anno in Serie B ha affinato la sua capacità di lettura delle gare. Ed è risultata necessaria per forgiare la sua identità, legandosi a un territorio come quello di Pescara che da sempre adora un certo tipo di football. Espansivo, allegro, sicuro di sé, studioso di calcio e di uomini (ha una passione per i libri motivazionali), Massimo Oddo è uno dei tecnici più interessanti della serie A. Il suo Pescara ha una identità definita, e fa bene a tutto il movimento italiano.
Carlo Pizzigoni