MILANO - Il direttore generale di F.C. Internazionale Marco Fassone ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Sky Sport 24.
Ecco le sue dichiarazioni:
Partiamo dal conoscere che cosa
significa per lei essere il primo punto di riferimento all'interno della
Società.
"Il mio ruolo significa la consapevolezza di avere una grandissima responsabilità
in un momento particolare per la vita della nostra Società: è un momento di transizione
e di passaggio tra due azionisti importanti molto complementari tra di loro,
sento forte sulle spalle il privilegio di essere stato scelto come direttore
generale e la responsabilità di portare i risultati che gli azionisti si
aspettano".
In qualche modo il presidente Thohir
l'ha stupita? Se sì, in cosa?
"No, forse stupore no perché ho cominciato a conoscere Thohir che credo fosse
maggio dello scorso anno, quindi oramai è una frequentazione annuale. Fin dalle
prime chiacchierate fatte con lui nel momento in cui approcciava la conoscenza
della nostra Società ho avuto modo di capire la sua mentalità, che è un misto
di cultura asiatica e cultura americana, direi che non ho avuto particolari
sorprese in questo senso".
Un aspetto molto importante per il
presidente Thohir, l'ha fatto capire fin dall'inizio, è quello di contribuire a
rendere più competitiva la Serie A anche rispetto agli altri campionati. Quali
possono essere anche le nelle sue idee le basi della ripartenza del calcio
italiano? Ne ha parlato con altri dirigenti?
"Questo è uno dei punti chiave della filosofia di Thohir, che credo abbia scelto
l'Italia ancora prima di scegliere l'Inter, nel momento in cui ha deciso di
fare un investimento nel calcio europeo. Credo che l'abbia scelta perché l'Italia
ha un potenziale enorme di crescita soprattutto all'estero. Thohir in particolare
né è un testimone fedele perchè ricorda la nostra Serie A fino a 15-20 anni fa,
quando era in assoluto il campionato più seguito non solo in Indonesia, ma in
Asia in generale. Dopo di che abbiamo assistito in questi ultimi 15-20 anni
alla crescita esponenziale di popolarità e di qualità tecnica di altri
campionati. Oggi la Serie A in Indonesia è il 4° Campionato più seguito, è
passato dal primo al quarto posto e questo coincide, guarda caso, con il
ranking europeo dell'UEFA, quindi una perdita di popolarità dal punto di vista
televisivo e di competitività dal punto di vista sportivo. In questo senso
l'Italia e non solo la nostra Società ha tutte le carte in regola, perché se lo
eravamo quattro anni fa, significa soltanto che abbiamo perso del terreno, e
probabilmente del tempo nel mettere in atto una serie di processi che negli
altri campionati sono stati messi in atto. Tutto sommato basta copiare qualcosa
di quello che hanno fatto gli altri, e poi la cultura calcistica del nostro
paese può darci un vantaggio competitivo che ci permetterà a breve di tornare tra
i primi".
Quali possono essere alcuni di questi
passaggi che l'Italia si è persa e che deve recuperare rispetto agli altri
campionati?
"Ci sono elementi che impattano sull'aspetto tecnico e altri che impattano su
quello economico.
A livello tecnico in Lega discutiamo una serie di accorgimenti che ci
aiuteranno a recuperare competitività: ad esempio la riduzione delle rose a una
lista di 25 giocatori come già accade in Europa, l'istituzione per i club di serie
A di una seconda squadra o di una squadra riserve o della possibilità di avere
un'altra squadra in Lega Pro, cosa oggi non consentita e che negli altri
campionati è prevista; un inserimento di parametri che ci costringano ad utilizzare
i giovani formati nelle nostre academies nelle prime squadre e nelle
competizioni europee come accade in Europa. O la riduzione del campionato da 20 a 18 squadre, che ci aiuterà sicuramente.
Poi ci sono accorgimenti per la popolarità del nostro gioco all'estero, che
hanno un impatto sulla passione che si genera all'estero per il nostro
campionato, che non passa solo dal riportare qui i grandi campioni, ma ad
esempio dall'adottare finestre di trasmissione televisiva utili per il mercato
asiatico, avere stadi nuovi più adatti ad essere riempiti per fornire uno
spettacolo di stadi pieni (non come in Italia dove il dato medio di riempimento
è inferiore al 50%), un'attenzione ad aspetti tecnico televisivi, la qualità
costante di produzione televisiva, per cui quando assistiamo a una partita di
Premier League anche se non sono due squadre di vertice la qualità del prodotto
che vedi è sempre di altissimo livello, cosa che da noi ancora non capita in
occasione di tutte le partite".
L'Inter può far da traino in questo
senso?
"Noi a partire dall'anno prossimo adotteremo alcuni correttivi che possono
assomigliare a queste misure, quindi una rosa che sia coerente col numero di
competizioni da disputare, un mix di giocatori più esperti e più giovani all'interno
della rosa stessa come detto più volte dal presidente per arrivare all'obiettivo
di un'età media di 26 anni e mezzo. Qualcosa di quello che dovrebbe essere il progetto
dell'intero calcio italiano si potrebbe vedere nell'Inter della prossima
stagione".
Alcune di queste misure rientrano nel piano di risanamento del club. Quali
altre rientrano nel progetto presentato alle banche?
"Direi che si tratti dei tre pilastri di cui il presidente Thohir ha sempre
parlato: primo, realizzare una società sana (autosostenersi dal punto di vista
economico e non dover fare ricorso al denaro degli azionisti). Secondo, una
società vincente: le due cose devono andare di pari passo. Terzo la produzione di
un calcio spettacolare, Thohir è anche uomo di media e comunicazione, sa che è
importante vincere e vorrebbe farlo facendo spettacolo. Questi tre sono i punti
su cui tutti noi del management stiamo ragionando.
Per ottenere la salute economica del club le cose da fare son due: riduzione
dei costi (cosa che stiamo portando avanti già da un paio d'anni), quest'anno per prima volta porteremo agli
azionisti un margine lordo positivo (un primo indicatore di salute), e poi c'è
la crescita dei ricavi, perché tagliare non basta. Vogliamo tornare competitivi in tempi
rapidi. Risistemati almeno parzialmente i costi, siamo molto concentrati
sull'espansione dei ricavi".
In quanto tempo si può arrivare ad azzerare
le perdite?
"I nostri piani cercano di riportarci in equilibrio nel giro di 2-3 anni, molto
conta il disputare la Champions League (ha un'incidenza sul fatturato dei club
che in un club di Serie A può avere un'incidenza del 25% sul fatturato),
disputandola ci si può arrivare prima, se no un po' più in ritardo, ma i nostri
non sono piani biblici, ma prevedono il rientro a un equilibrio di bilancio nel
giro di 2-3 anni. Non dobbiamo dimenticarci che dal 2010 in avanti è partito il
Fair Play Finanziario, anche volendo non potremo permetterci tempi più lunghi dovendo rispettare il regolamento UEFA".
2-3 anni tempo per tornare competitivi
anche in campo?
"Siamo fiduciosi che l'Inter già dal prossimo anno abbia la possibilità di
essere competitiva. Non dimentichiamoci che siamo nei primi 15 club al mondo
per fatturato e nei primi 3 in Italia pur senza coppe. L'importante è spendere
e investire bene in modo oculato e ragionato. Se riusciremo a svolgere bene il
nostro lavoro questi risultati non dovrebbero arrivare in tempi lunghi".
L'obiettivo è partecipare alla Champions
League 2015/2016?
"Non ci diamo obiettivi, le attività sportive che svolgeremo vogliono che
l'Inter sia protagonista, non accamperemo scuse. L'Inter deve essere
competitiva sul campo, coi tempi normali che stanno tra la fine di un ciclo e
l'apertura di uno nuovo".
Esistono delle similitudini tra Inter e Roma viste le rispettive proprietà straniere?
"Dal punto di vista della proprietà sì, la Roma ha una proprietà americana, la
cultura del nostro presidente è comunque di quello stampo perchè conosce bene lo sport americano, la filosofia che lo
anima, è proprietario di una società calcistica e di una di basket negli USA.
Entrambi i proprietari vogliono portare in Italia la parte di questa filosofia
che è compatibile con la cultura europea, ad esempio attenzione al tifoso e la gestione degli stadi, che qui è ai primi vagiti e negli Stati Uniti è
estremizzata. Thohir e Pallotta, per quel che mi è dato conoscere, hanno molti
punti di contatto".
Ridurre costi e rendere al Società
virtuosa aumentando i ricavi: lo si può fare attraverso nuovi sponsor?
"Le aree sulle quali ci concentriamo nel breve periodo sono quella dello stadio e
quella dei ricavi commerciali. Sulla parte dei ricavi commerciali l'Inter è
parecchio sottodimensionata anche rispetto alle dirette concorrenti italiane, entro
la fine di questo mese avremo la possibilità di ufficializzare alcuni contratti
fatti nei mesi scorsi, come quello con Nike, che ora è una collaborazione molto
più strategica di prima, che coinvolgerà negozi, licenziatari e l'attività di
merchandising, con sviluppo in tutto il mondo di questa attività. Ci
inorgoglisce che Nike abbia scelto noi con un rapporto che va da qui al 2024,
siamo stati inseriti in un pool che comprende Manchester United, Barcellona e
PSG come i quattro club ambasciatori
Nike nel mondo.
Stadio: al di là del non essere modernissimo, resta uno degli stadi
importanti, a 5 stelle, in grado di ospitare finali europee. Senza per il
momento andare a pensare a stadi nuovi, riteniamo che lavorando bene su questo
stadio si possano sviluppare in modo significativo anche i corrispondenti ricavi.
Nel breve periodo sponsor, attività commerciali e stadio ci daranno
soddisfazione".
In quale modo intendete ristrutturare San Siro? In cosa consistono i progetti
che avete?
"Ci sono dei progetti di brevissimo periodo già parzialmente in atto che
dovrebbero rendere lo stadio in grado di ospitare nel migliore dei modi,
qualora la UEFA ce la concedesse, la finale di Champions League 2016.
Poi c'è un pensiero più di lungo periodo, accarezzato da quando il Milan si è
indirizzato verso uno stadio nuovo: l'idea di rimanere da soli a San Siro
potrebbe essere interessante. Col presidente abbiamo deciso di completare quest'attività
di rifinanziamento che ci sta assorbendo molto in questi mesi. Quest'estate,
una volta sistemata la parte di rifinanziamento della Società, ci si concentrerà
sulla scelta da fare relativamente allo
stadio che ci presenterà almeno due opzioni: andare in uno stadio nuovo o restare
in un San Siro rinnovato e rivitalizzato. L'idea di un nuovo impianto non è
stata accantonata, diciamo che abbiamo più di un'alternativa sul tavolo, mentre
fino a sei mesi fa il Milan aveva sempre manifestato assoluta contrarietà a
spostarsi. Vogliamo valutare bene i costi di entrambe le opzioni e prendere la decisione migliore per il club".
Lei riesce a immaginare il derby di
Milano in uno stadio diverso da San Siro?
"Non ho mai pensato a come potrebbe essere, ma sarebbe
sciocco non immaginarlo, o il Milan o l'Inter nei prossimo futuro avranno uno
stadio nuovo, dobbiamo mentalizzarci sul fatto che entro i prossimi quattro,
cinque anni potrebbe esserci un derby non a San Siro".
Lei desidererebbe avere un rapporto
diverso con i tifosi dell'Inter?
"Vorrei avere rapporto di stima diverso rispetto a quello costruitosi per tante
ragioni. Ci sono stati momenti anche delicati e difficili con la tifoseria, so
che il tifoso vorrebbe vedere a capo del suo club un altro tifoso, una persona
animata dagli stessi valori, dalla stessa passione. Questo spesso non è possibile,
perché i dirigenti devono essere più freddi e razionali, devono saper dire di
no, resistere alle tentazioni cui il tifoso non saprebbe resistere. Credo che i
grandi dirigenti di club italiani siano nati in città o vissuti in società
diverse, prima di ottenere i successi più grandi e meritati a capo dei club che
guidano oggi. Ciò non significa, ed è importante che il tifoso lo sappia, che
nel momento in cui ti siedi alla direzione di un grande club la tua vita non
cambi e tu non sia pervaso da una passione totalizzante per il club che
stai guidando. Mi è successo anche a Napoli, mi sta succedendo adesso: oggi l'Inter
è tutta la mia vita, il mio chiodo fisso dal mattino alla sera. Do per l'Inter
tutto quello che un tifoso dà per l'Inter, anche se la storia di ciascuno di
noi, in particolare di un professionista, è passata attraverso diverse
esperienze, come nel mio caso".
C'è un immagine che i tifosi
ripropongono spesso: lei ai tempi della Juventus con quella maglia.
"Ahimè, sono gli incidenti di percorso che ogni tanto capitano. Credo che tanti
dirigenti abbiano l'abitudine di frequentare i club, di andare a fare incontri
con i tifosi. C'è l'abitudine che i tifosi ti portino qualcosa in regalo a fine
serata, quella sera mi portarono una maglietta che io srotolai per vederne il
contenuto. Non ebbi la prontezza di spirito di ripiegarla e metterla giù. Fu un
ingenuità, mi scuso se questo ha offeso qualcuno, certamente non era mia intenzione.
Oggi con un po' più d'esperienza non lo rifarei".
Tornando alla Società attuale, la figura
che manca è quella di un direttore della comunicazione: l'avete individuato?
"Non ancora, ne abbiamo visti diversi. Quella che ha in mente il presidente è
una figura un po' atipica per la cultura italiana di un capo della
comunicazione che abbia sostanzialmente in mano i rapporti con i media. Più
completa, più digitale, moderna, che aiuti la società a sviluppare i propri rapporti
con tifosi soprattutto all'estero, una figura delicata su cui non vogliamo
sbagliare che sarà scelta nei prossimi mesi. Siamo alle battute finali".
A proposito di comunicazione: siete
stati un po' criticati per non esservi sempre esposti pubblicamente per
questioni come i torti arbitrali. Perché?
"In Italia c'è l'abitudine a dover fare la voce grossa e metterci la faccia. E'
una strategia che io rispetto, alcuni club la adottano, altri ne
adottano una diversa, come la Roma che non ha fatto mistero di non voler
parlare di certi argomenti. Nel caso specifico, di fronte a una gestione arbitrale
che quest'anno non è stata soddisfacente non solo per l'Inter, ma in generale,
è necessario che le Società come la nostra facciano sentire le sue riflessioni
in modo costruttivo e pacato e le indirizzino nei confronti di quegli enti che
devono farne tesoro. Lo abbiamo fatto e siamo stati ascoltati in modo civile. Credo
che alcuni dei ragionamenti che abbiamo fatto troveranno riscontro nelle
decisioni che la Federazione, con grande rispetto, assumerà. Quando è stata
varcata la linea, siamo usciti allo scoperto in modo chiaro attraverso l'allenatore,
il direttore sportivo e il sottoscritto. Questa è il profilo che la Società
vuole tenere".
A parte il direttore della
comunicazione, verranno inserite altre figure all'interno della Società?
"Stiamo finalizzando alcune ricerche di mercato e inserendo delle persone nuove
soprattutto nelle aree commerciali e media, che sono ancora un po'
sottodimensionate. Proprio oggi (ieri, ndr) è arrivato un nuovo manager che
sarà responsabile del filone dello stadio, Luca Innocenti, cui do il benvenuto.
Entro un mese arriveranno un direttore marketing e un direttore vendite
internazionali. Poi l'area media e comunicazione sarà rinforzata dal nuovo capo, nel momento in cui arriverà, più un paio di altre figure importanti
per lo sviluppo dell'immagine e la difesa del nostro brand".
La promozione del brand risulta centrale
in questo progetto. Comportamenti come quello di Icardi non rischiano di essere
un po' dannosi per l'immagine della Società?
"Spero e penso di no, mi auguro che non ci sia addirittura questo rischio. Che l'utilizzo
dei social network da parte dei giocatori e delle persone vicine alla società
vada migliorato nel prossimo futuro è certo. Ne abbiamo parlato a lungo col
presidente e col direttore sportivo, vogliamo incaricare alcuni esperti di
parlare ai giocatori e alle loro famiglie riguardo l'utilizzo dei social già
dal prossimo ritiro estivo. Crediamo che sia meglio mediare che intervenire con provvedimenti drastici".
C'è stato un intervento su Icardi?
"I dialoghi da parte di allenatore, direttore sportivo e compagni sono continui:
per fortuna all'interno dello spogliatoio queste cose vengono gestite col
dialogo, quindi nel miglior modo possibile. E' giocatore importantissimo per
noi dal punto di vista tecnico e del potenziale con cui stiamo facendo un
percorso comune".
Il raggiungimento dell'Europa League quanto
può determinare il fatto di continuare o meno con il progetto Mazzarri?
"Slegherei le due cose. L'Europa League è obiettivo non nascosto, dobbiamo esserci
dopo aver saltato un anno. La storia dell'Inter dice che è una cosa che capita
una volta ogni 15-20 anni, due anni di fila non andrebbe bene. Quello del tecnico
è un discorso diverso. Ho già detto che lui è base tecnica con cui stiamo
pianificando il futuro, non c'è correlazione tra lui e l'Europe League. Sta svolgendo un ottimo lavoro
fino a oggi e anche in prospettiva. Se parleremo di rinnovo quando ci siederemo
al tavolo? Sì".
Continua il progetto di annunciare un
nuovo giocatore ogni mese o in brevi termini?
"Un conto è l'annuncio mediatico di aver portato a termine delle operazioni come
nel caso di Vidic, quando le regole e i contratti lo permettevano. Poi un conto è il
fatto che il direttore sportivo vada avanti nei suoi discorsi di finalizzazioni
di trattative, un conto è fare gli annunci di ciò che è stato fatto. Ausilio
col suo team sta andando avanti con le trattative, quando sarà tempo faremo gli
annunci".
Settimana prossima c'è un incontro
tra Thohir e Perez del Real Madrid: può portare a Morata?
"Thohir e Perez avranno tanti argomenti di cui parlare. Ci saranno scambi d'idee
trasversali, poi magari discuteranno di qualche giocatore, ma non so cosa si
diranno".
Ci può illustrare quali sono le strategie
di mercato per il prossimo anno?
"Molti nomi li avete già fatti, ci stiamo muovendo per coprire due/tre ruoli che
necessiteranno di nuovi inserimenti. La scelta di questi giocatori sarà
valutata secondo parametro tecnico in primis, poi secondo quello economico e poi stando a quello
legato all'età, per costituire questo mix di giocatori esperti e giocatori
giovani al fine di produrre i migliori risultati possibili. Credo che arriveranno due,
tre giocatori nuovi da inserire. Un attaccante, un centrocampista e un esterno?
Direi di sì".
A che punto siete col rinnovo di Alvarez?
"Si tratta di attività che Ausilio sta portando avanti, su alcuni giocatori c'era più
fretta di chiudere, come nel caso di Palacio e Guarin, con altri ci sono tempi
più elastici. Tutti devono essere a conoscenza di volontà della Società in modo
molto trasparente, poi come sempre se c'è la volontà di entrambe le parti, un
accordo si trova.
Ranocchia? Fa parte dei giocatori che hanno contratto in scadenza tra un anno. Ausilio
si siederà al tavolo con lui come ha fatto con gli altri".
Perché, dopo aver rinnovato, Guarin ancora non ha espresso tutto il suo potenziale?
"Non entro in valutazioni tecniche, so che il rinnovo è stato fortemente voluto
dal ragazzo e dalla Società, era molto contento di rimanere con noi e animato
da grande entusiasmo. Poi subentrano scelte, motivazioni e valutazioni che
competono di più la parte tecnica, dove non mi addentro".
Tre motivi per cui i tifosi possono
credere nel progetto Thohir?
"Primo: l'affidabilità della proprietà. Thohir lo conosco non da tantissimo ma
neanche da così poco: è una persona molto affidabile, la sua esperienza
sportiva e non parla chiaro, è un imprenditore di successo. Non vuole inserire un
insuccesso nella sua personale carriera. E' venuto qui per portare l'Inter al
successo.
Il secondo è la presenza del Dottor Moratti, un sinonimo garanzia e passione, di
conoscenza di cosa è l'Inter e l'Italia, totalmente complementare a quella di
Thohir. Un matrimonio perfetto tra due visioni che si sposano tra di loro e
sono, per l'appunto, complementari.
Terzo: la storia di questo club. Se si guarda cosa è stata l'Inter in questi
106 anni di storia, sa che ha avuto tre anni al di sotto del piazzamento
tradizionale. La storia e la statistica dicono che l'Inter non rimane a lungo
in queste posizioni.
Infine, l'impegno di tutti noi, la voglia di dimostrare che in Italia si può
fare un calcio d'élite e competitivo, con una società sana. E' la nostra sfida, vogliamo dimostrare che si può fare".