"IO TIFO POSITIVO" A MILANO CON IVAN CORDOBA

Le dichiarazioni del team manager nerazzurro a margine dell'incontro in occasione della Giornata Mondiale contro il Razzismo

MILANO - Da Appiano Gentile a Milano e ritorno. Finito un allenamento e prima di iniziarne un'altro. Nel mezzo, Ivan Cordoba ha un appuntamento tutto speciale: è quello con i bambini della 5a elementare dell'Istituto Comprensivo Tommaso Grossi di via Monte Velino, che il team manager nerazzurro ha incontrato nell'ambito nel progetto "Io tifo Positivo - Nel segno di Candido" nella Giornata Mondiale contro il Razzismo.

Presso il Lido di Milano, nuova sede nascente dei progetti portati avanti dall'Associazione Comunità Nuova di don Gino Rigoldi, Cordoba ha partecipato all'incontro al quale era appunto presente il presidente don Gino Rigoldi, l'assessora allo Sport e Tempo Libero del Comune di Milano Chiara Bisconti, l'assessora allo Sport e Tempo Libero - Politiche Giovanili della Provincia di Milano Cristina Stancari e per 'Fondazione Candido Cannavò per lo sport' Alessandro Cannavò.

Prima di rispondere alle tante domande che ogni bambino gli ha personalmente rivolto, Cordoba ha parlato di razzismo e della possibilità di fermare le partite in corso quando ci si trova di fronte a questi casi. "E' difficile riuscire a capire quello che sente una persona in quel momento. Quello di cui io sono fermamente convinto è che tutto questo debba finire. Da parte mia, posso dire che anche io in passato ho ricevuto degli insulti in questo senso e, per quanto possibile, ho sempre fatto finta di niente. Certo, è qualcosa che dà molto fastidio. Il problema è che in tanti vanno allo stadio pensando di andare ad assistere a una guerra e invece non è così. E' normale che una squadra cerchi di battere quella avversaria, ma i giocatori una volta finita la partita sono tutti amici come prima. Ormai il mondo è così pieno di cultura che si fa fatica a pensare che qualcuno abbia ancora dei problemi a vedere una persona con un'altro colore di pelle rispetto al proprio o praticante un'altra religione. Se mi sono mai sentito solo in quanto calciatore nell'affrontare questo problema? Penso che si possa sempre fare qualcosa di più soprattutto perchè credo che su una cosa del genere debba convergere l'interesse di tutti".

Facendosi poi portatore del pensiero del Club che rappresenta, il team manager nerazzurro spiega: "Parlo per l'Inter e posso dire che come Società, come squadra, noi rappresentiamo l'Internazionale e non c'è mai stato qualcosa di diverso in questo senso. Lo dice la stessa storia dell'Inter, che ha sempre accolto calciatori provenienti da tutto il mondo. E' per questo che mi dispiace profondamente sentire tutto quello che si è creato dopo la partita giocata al Meazza contro il Tottenham. Quel gruppo di persone non rappresenta la tifoseria pura di uno sport, ma solo una minoranza. E' come quando si dice che in Colombia sono tutti delinquenti o narcotrafficanti. No, questo non è vero. Si tratta solo di poche persone eppure con quei pochi si identifica la maggioranza".




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